Qualcuno doveva “demeridionalizzare” lo Stato, poi ha detto che non è qui per tutelare il Nord

25 Agosto 2021
Lettura 3 min

di Sergio Bianchini – Totalmente meridionalizzato ma inguaribilmente inefficiente, costosissimo e complessato.
Fino al 1968 non c’era in Italia una sola scuola materna statale. Oggi quasi tutte lo sono. Allora gli insegnanti statali erano in tutto circa 400.000 . Oggi sono il doppio pur essendo dimezzato il numero degli studenti con le nascite passate da circa un milione l’anno a meno di 500.000.

Gli insegnanti ormai sono quasi tutti meridionali. Quando va in pensione un insegnante nordico state certi che sarà sostituito da uno siciliano o campano o pugliese. E questo è la conseguenza del concorso nazionale e dei trasferimenti nazionali. Qualcuno dice che il nordico non vuole fare l’insegnante. Falso. Andate nelle scuole non statali e vedrete che pullulano quasi esclusivamente di “sfigati” del nord che sono sempre indietro nelle graduatorie nazionali.
C’è una sola curiosa eccezione e sono gli insegnanti di religione. I vescovi del nord si oppongono ad una graduatoria nazionale dei “loro” insegnanti, visto che al vescovo spetta l’abilitazione all’insegnamento della religione cattolica.

E così si oppongono alla spinta meridionalista che vorrebbe anche quegli insegnanti nella graduatoria nazionale. Di più, la chiesa è così consapevole che le Italie sono tre da avere la facoltà teologica del nord, quella del centro e quella del sud. Inoltre ha 3 vescovi al vertice della Conferenza episcopale, uno del nord, uno del centro ed uno del sud.

L’esistenza di tre Italie è percepibile immediatamente per chiunque faccia anche un solo viaggio dalle Alpi alle isole. Ma la conseguenza culturale, politica e gestionale di questa trinità ancora non esiste. Il nord oscilla tra secessionismo, federalismo, autonomismo. Ultimamente la Lega ha scelto il passo nazionale unitario. La resistenza massiccia allo scandalo dei “salvataggi” pianificati in 200.000 unità all’anno ha favorito Salvini ma la Lega non mostra alcuna consapevolezza sulle grandi misure da prendere per riorganizzare il sistema statale.

Adesso il centro-sudismo cioè l’alleanza anti nordica del centro e del sud si è ristabilito, con l’eccezione non casuale del toscano Renzi. Ma l’alleanza ha il fiato corto. Il comando del sud è imprigionato e paralizzato proprio dal monopolio che ha stabilito sul personale dello stato.
Lo stato è usato non per risolvere i problemi ma per dare reddito al meridione. E quindi costa tantissimo ed è inefficiente. Sono cose che vedono e sanno tutti, meridionali in primis.

E l’impiegato meridionale, statale o locale, che opera al nord si propone di solito umilmente difronte allo sguardo desolato del nordico insoddisfatto. A volte, ma adesso questo atteggiamento è minoritario, è sussiegoso, o tronfio e prontissimo a rintuzzare qualunque osservazione.
Ci sono certamente tanti meridionali statali che vorrebbero fare bene il loro lavoro ed essere davvero rispettati, non solo al nord ma anche al sud. Basta pensare a Falcone o adesso a Gratteri i cui discorsi, facilmente reperibili su you tube, danno l’idea dello spirito sincero con cui lavora. E mai fa ricorso al vittimismo. Proprio la mancanza di ricorso al vittimismo (e alla tracotanza) è la cartina di tornasole del meridionale sincero e di buona volontà.

A differenza di Di Maio la cui oratoria era asciutta, essenziale e chiara, Conte è generico, filosofico, e incline all’autoadulazione. Autoadulazione figlia dell’ansia fortissima che l’evidenza del generale malfunzionamento costosissimo dello stato produce sul meridionale orgoglioso. E il continuo desiderio di esorcizzare questa “macchia” lo spinge anche ad esagerare dove non ce n’è bisogno per fare il primo della classe. Ad esempio l’Italia si è vantata di essere l’unico paese ad aver chiuso tutte le comunicazioni con la Cina nell’emergenza attuale, cosa non richiesta e perfino sconsigliata dall’OMS. Inoltre si presenta come primo, sapientissimo ed eroico isolatore del coronavirus. Contemporaneamente però si dichiarava inopportuna e invasiva una richiesta ovvia dei governatori del nord di fare accertamenti sugli studenti di ritorno dalla Cina.

Eppure una cura vera ci sarebbe sia contro l’inefficienza cronica ed irrimediabile dello stato che del conseguente, ma insuperabile, complesso di colpa del meridionalismo.
La cura sarebbe la de-meridionalizzazione dello stato. Come? Fissando delle procedure di assunzione nell’amministrazione statale che assicuri una rappresentanza numerica proporzionale alle tre macroregioni, Nord, Centro e Sud. Questo nelle amministrazioni centrali, nei ministeri, nell’esercito, nella polizia, nella magistratura, nella scuola. Nelle amministrazioni locali, regionali provinciali e comunali la soglia minima di local dovrebbe essere intorno al 50%.

Con una tale composizione dell’apparato amministrativo della repubblica scomparirebbero tutte le finzioni, le recite, le chiusure, le contrapposizioni fasulle e contemporaneamente anche la corruzione sarebbe combattuta più facilmente. Una gestione più equa dello stato sarebbe immediata.

Un impianto di questo genere sarebbe necessario anche per gestire un effettivo decentramento dove i poteri e le attribuzioni locali non cozzino continuamente con il potere centrale e la sua magistratura combattente.

Non sento ancora, sia nella lega che in grande nord una consapevolezza anche minima di queste problematiche. La lega avanza gioiosa ma non c’è in vista nessun documento programmatico sulla forma dello stato. Grandenord fa bene ad evidenziare le carenze  di Salvini , fa bene ad esibire i dolori storici e cronici del nord e persino ad alimentare una residua e poetica speranza secessionista oggi dal tempo reale, ma dovrebbe, secondo me , trovare il modo per avviare un dibattito sulle grandi questioni del rapporto del nord con lo stato Italiano e le ipotesi di modifica positiva in tempi non biblici della situazione.

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