Paragone: Milano ai cittadini, non alle élite

9 Settembre 2021
Lettura 4 min

di Gianluigi Paragone – Ho letto con attenzione l’articolo a firma di Bepi Pezzulli pubblicato la scorsa settimana su Milano Finanza. Un pezzo denso di temi, riflessioni e di interessanti digressioni storiche. Vista la lunghezza dell’articolo e la varietà di considerazioni che contiene, ritengo che il modo migliore di rispondere, come candidato Sindaco di Milano, alle sollecitazioni dell’articolista sia di ribadire la posizione ideale della mia coalizione e mia personale nei confronti di tematiche così attuali e scottanti. Come ho già avuto modo di sottolineare, la mia è una campagna elettorale fortemente ideologica: ed è da qui che intendo partire per offrire a voi e ai lettori una risposta il più possibile coerente. Innanzitutto, sono d’accordo sull’importanza che viene attribuita a Milano negli sviluppi futuri del nostro Paese e della “rete mondiale di città” che, nelle previsioni, produrrà nel prossimo futuro il 50% del Pil mondiale. Molto di meno sulla visione del mondo come “una rete di città” più che come una comunità di Nazioni. Questa visione fortemente globalista colloca la potenza economica di alcuni soggetti, in questo caso le città, al di sopra della “comunità di Nazioni”.

Viene naturale ricordare i molti ambiti nei quali, invece, una forte comunità di Nazioni risulta indispensabile allo sviluppo sociale e all’equilibrio politico mondiale. Penso ad esempio al tema della sicurezza, più che mai attuale considerati i conflitti mediorientali e i dissidi più o meno evidenti fra le grandi potenze. Non esiste solo la finanza o il Pil, quando si guarda al futuro del pianeta. Esistono culture, tradizioni, convinzioni dei popoli che non possono essere ridotti a uno schema secondario, ma rappresentano il modo di vivere quotidiano per milardi di persone. Io credo che o l’Italia permetterà a Milano di combattere ad armi pari questa “sfida fra città” che saranno al centro dello sviluppo della società futura, oppure Milano resterà schiacciata.

Se Roma si sottomette a Berlino, Milano perde. Se invece viene lasciata libera e appoggiata da uno Stato indipendente, Milano trascinerà il Paese come ha sempre fatto in passato. Occorre però un completo cambio di paradigma, ed è questa la vera sfida: Milano forte in un’Italia forte, indipendente politicamente ed economicamente. Credo poi che i danni provocati da una finanza slegata da un efficiente ed equilibrato controllo della politica, e quindi degli Stati, siano evidenti.

Quello del mercato che si autoregola e fa il bene di tutti è un mito che ormai mostra la corda da troppo tempo. A confrontarsi, in questo caso, sono due idee diverse di società: sinceramente, non vedo come una rete di città possa risolvere e gestire i problemi globali se non affidandosi alla politica. E la politica, giocoforza, deve avere una forte rappresentanza locale. L’idea di un mondo gestito da un’unica èlite, perché a questo si arriverebbe se si perdesse il primato della politica nazionale e della democrazia, mi è del tutto aliena.

Diverso il discorso legato ai grandi temi indicati da Pezzulli come primari per l’operato del prossimo sindaco di Milano. Primo, l’ambiente: tagliare il consumo di combustibili fossili e garantire un ambiente più pulito, ovviamente, è un tema primario. Il problema è come arrivarci. A Milano, in questo senso, si è assistito a un trionfo di demagogia con le piste ciclabili piazzate a caso, che hanno creato più danni che altro. E’ solo un esempio, esaustivo però dell’esigenza di avere una visione ampia su questi temi e di sottrarli alla cupidigia di chi vede nella green economy solo uno strumento per fare affari. Si tratta invece di usare al meglio le possibilità che le nuove tecnologie ci mettono a disposizione. Tutti parlano giustamente di automobili e di veicoli elettrici, per esempio.

Ma il primo fattore di inquinamento per le città è dato dai riscaldamenti, ed è quello il primo piano di intervento coordinato da pensare alla luce delle attuali possibilità tecnologiche. Sull’implementazione della transizione digitale siamo d’accordo, e infatti il tema fa parte del nostro programma elettorale e si lega strettamente al miglioramento dei servizi per la comunità. Su questo penso che vi sia un consenso piuttosto generalizzato. Quando invece Pezzulli parla di “ricevere e integrare i migranti”, noi siamo favorevoli all’accoglienza e all’integrazione nella misura in cui queste siano possibili e auspicabili. Non lo siamo se l’accoglienza diventa lassismo, incapacità di programmazione.

Migliaia di persone lasciate approdare in Italia per vivere in condizioni di estrema povertà o per essere sottoposte a nuove forme di schiavitù non sono accoglienza né una dimostrazione di civiltà, ma esattamente il contrario. Migliaia di ragazzi costretti a fare da manovalanza per la malavita per sopravvivere non sono un segno di civiltà, ma di barbarie. E se l’integrazione non è reale, se non ci sono vere possibilità di lavoro e di crescita, si crea un sottoproletariato urbano povero, senza radici, destinato a rappresentare un problema per la sicurezza di tutti. Fingere di non vederlo è ipocrita.

Quindi accoglienza e immigrazione vanno ripensate con criteri molto diversi da quelli attuali. Tutta la parte dell’articolo dedicata a Draghi mi vede fortemente perplesso, visto che sono il più fiero oppositore dell’attuale presidente del Consiglio. Se da una parte posso comprendere e anche condividere l’esigenza di rafforzare certi legami economici di Milano con le principali arterie finanziarie mondiali, a partire dalla City di Londra, dall’altra sono contrario al Recovery Fund, che a mio parere porterà enormi problemi futuri al Paese, che di fatto si troverà oberato da un vero debito estero e sarà ricattabile per chissà quanto tempo a venire. Anziché provare a costruire un progetto alternativo che ci veda protagonisti e padroni del nostro destino, continuiamo a perseverare nell’errore di sottometterci ad altri. E mi pare che Draghi voglia percorrere proprio questa strada, oltretutto esautorando il Parlamento dalle sue funzioni.

Sono invece d’accordo con Bepi Pezzulli quando parla della necessità di snellire certe procedure, di combattere una volta per tutte la burocrazia per velocizzare la crescita tecnologica italiana. In questo senso, l’idea di creare un ambiente comune fra imprese e autorità di vigilanza per testare le nuove tecnologie può essere eccellente, a patto che questo non significhi andare a scapito della sicurezza o favorire qualcuno a danno di altri.

Per chiudere, come candidato Sindaco accetto volentieri la sfida proposta da Pezzulli di farmi sponsor del “Pacchetto Milano”, di aiutare lo sviluppo tecnologico, di avere cura dell’ambiente, di implementare il turismo, di offrire nuove opportunità e tutele a giovani e lavoratori, di migliorare la scuola, di prendermi cura del disagio sociale e di riportare Milano al ruolo che le compete. Ma tutto questo non lo farò per favorire il proliferare di Multinazionali monopolistiche che si appropriano di parte della città e lucrano su Milano, evitando oltretutto di versare le giuste imposte grazie all’apertura di sedi fittizie in qualche paradiso fiscale.

La mia Milano sarà meno burocratica, più pulita, più forte e più ricca, ma il soggetto di questi miglioramenti saranno i cittadini. Tutti. Quelli del centro e quelli delle periferie. Nella mia Milano non ci saranno più cittadini di serie A e di serie B, ma tutti conteranno allo stesso modo e saranno seguiti allo stesso modo: è questa la mia scommessa.

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Direttrice: Stefania Piazzo
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