di Benedetta Baiocchi – “Io apro per non chiudere più. Non si apre per chiudere e poi riaprire…”. Gli imprenditori della ristorazione, i titolari di bar, palestre, pub, gli esercizi colpiti da inizio pandemia dalle misure più restrittive, essendo considerati causa di contagio e luogo di contagio, lanciano l’iniziativa #IOAPRO1501, ovvero tutto aperto il 15 gennaio. E non solo. Perché l’iniziativa andrà avanti per tutto il fine settimana. Un segnale, non una sfida. Ma anche la convinzione, come sostengono i promotori della protesta, della illegittimità costituzionale di molti Dpcm.
Per questo motivo viene offerta assistenza legale in caso di sanzioni.
Le norme anticovid per la ristorazione sono sempre state seguite e applicate, le palestre si sono adeguate ma non è basato. Eppure i dati sui contagi sembrano essere lì a dire che gli untori non sono quelli che sono stati costretti a chiudere.
E’ un dato di fatto che i divieti abbiano creato mondi a parte. Cittadini, imprenditori, lavoratori con diritti garantiti e altri con diritti del tutto spazzati via. Non è forse questa una violazione costituzionale del diritto al lavoro? Non è calpestare il principio per il quale tutti i cittadini sono uguali? Non lo è poi nella misura in cui non vi sono adeguati ristori, aiuti, per garantire la sopravvivenza delle attività? Piccole mancette travestite da sostegno e fondi di Stato hanno umiliato e garantito il percorso finale, se non è il fallimento è la cessione dell’attività a chi a fine lockdown avrà invece le risorse per comprare attività a poco prezzo.
La pagina facebook ospita da ieri le immagini dei locali che aderiscono, i loro messaggi. E’ un mondo vitale di imprese che sono state messe in silenzio, dimenticate e chiamate a pagare di tasca propria le disposizioni di legge.
Siamo davanti a quella che potrebbe essere una prima forzatura contro leggi ingiuste, una ribellione sociale, economica, della parte sana del paese.