Rosario Livatino è stato assassinato dalla mafia il 21 settembre 1990 nell’agrigentino, a soli 37 anni.
“Fu ucciso in un agguato mafioso – ricorda l’Associazione nazionale magistrati – mentre si recava senza scorta in tribunale. Aveva condotto indagini sugli interessi economici della criminalità organizzata e sull’intreccio tra mafia e affari, delineando un vero e proprio sistema della corruzione. Livatino aveva un altissimo senso dello Stato, era un uomo di fede e si faceva guidare, nel lavoro e nella vita di tutti i giorni, da ferrei principi etici.
I suoi scritti e il suo operato sono una testimonianza importante della sua continua ricerca della verità e della coerenza delle sue azioni, un faro per tutti coloro che credono nella giustizia e nella legalità”.
Ora arriva la notizia che fa discutere e che divide l’opinione pubblica, il permesso premio al mandante dell’esecuzione. Sono passati 30 anni ma per molti la ferita è ancora aperta.
“Senza voler entrare in polemica con alcuno anche perché è acceso il dibattito di questi giorni sulla metodologia così come sulla legislazione in materia di concessione di permessi premio ai carcerati per gravi delitti contro la persona, in merito alla concessione e all’esercizio di un diritto previsto dalla legge ad uno dei mandanti dell’omicidio Livatino c’è solo da riflettere e valutare come lo Stato Italiano voglia atteggiarsi in futuro verso un problema anche di coscienza.
Montanti dopo 20 anni passati in carcere con un comportamento pare esemplare può godere di questo premio. Lo prevede la legge e quindi è un suo diritto. Per dirla come la vittima dura lex, sed lex”. Lo dice Enzo Gallo, cugino del giudice Rosario Livatino. ” Però – aggiunge – è forse un segnale che di questa concessione di beneficio si stia avendo notizia solo oggi a meno di una settimana dal trentennale del vile e barbaro omicidio mafioso di un valido servitore dello Stato nonchè unico figlio degli anziani genitori”.
Immagine d’apertura tratta dal sito dell’Associazione nazionale magistrati
“Senza voler entrare in polemica con alcuno anche perche’ e’ acceso il dibattito di questi giorni sulla metodologia cosi’ come sulla legislazione in materia di concessione di permessi premio ai carcerati per gravi delitti contro la persona, in merito alla concessione e all’esercizio di un diritto previsto dalla legge ad uno dei mandanti dell’omicidio Livatino c’e’ solo da riflettere e valutare come lo Stato Italiano voglia atteggiarsi in futuro verso un problema anche di coscienza. Montanti dopo 20 anni passati in carcere con un comportamento pare esemplare puo’ godere di questo premio. Lo prevede la legge e quindi e’ un suo diritto. Per dirla come la vittima dura lex, sed lex”. Lo dice Enzo Gallo, cugino del giudice Rosario Livatino. ” Pero’ – aggiunge – e’ forse un segnale che di questa concessione di beneficio si stia avendo notizia solo oggi a meno di una settimana dal trentennale del vile e barbaro omicidio mafioso di un valido servitore dello Stato nonche’ unico figlio degli anziani genitori”.