Bambino di 1 anno in quarantena da 50 giorni per Covid. E’ negativo ma il certificato di guarigione non arriva

14 Ottobre 2020
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Nonostante sia negativo da 9 giorni, un bambino di 1 anno residente a Roma è ancora chiuso in casa, raggiungendo la cifra record di 50 giorni di quarantena. Il suo certificato di guarigione, infatti, ancora non arriva. Così continua a non poter uscire, anche se di fatto non ha più il Covid-19.

E’ un incubo che dura dal 24 agosto e che lo vede bloccato in casa, a causa di una sequela di ritardi sia nell’effettuare i tamponi che nell’ottenere i loro risultati. Come riporta GreenMe è prigioniero del coronavirus, anche se non ce l’ha più. Francesco, nome di fantasia, è un bambino di un anno che ha passato la maggior parte della sua breve vita chiuso in casa in quarantena. Un blocco della sua vita sociale di cui solo in futuro conosceremo gli effetti sul suo sviluppo e sulla sua psiche.

Riportiamo l’intervista esclusiva di GreenMe alla mamma del bambino. Tutto è iniziato il mese di agosto, con un viaggio per andare a trovare i nonni, dove hanno incontrato anche dei parenti venuti dal Nord Italia. Una volta rientrati, arriva la notizia che proprio questi ultimi erano stati ricoverati d’urgenza per Covid-19.

Così, padre, mamma e bimbo si sottopongono volontariamente al tampone. Risultato: tutti e tre positivi. Nessuno di loro sta male, solo qualche lieve sintomo. Francesco ha avuto un solo giorno di febbre in tutto questo tempo.

Il 24 agosto comincia per l’intera famiglia l’isolamento, con tamponi ogni 10 giorni, alla ricerca della negativizzazione. La prima arriva il 25 settembre, ma i risultati giungono il 30, ben 5 giorni dopo. Sono tutti e tre negativi. Ma il secondo tampone di verifica viene fissato per il 4 ottobre, quindi a distanza di 10 giorni dal primo tampone, perché “prima non ci sono posti”. Questi ultimi risultati, ormai in forte ritardo, arrivano l’8, e solo dopo svariate insistenze della famiglia. Mamma e figlio sono negativi, il papà invece torna a essere positivo e viene isolato in casa.

L’incubo però non finisce qui. Perché ora servirebbe il certificato di guarigione, che libererebbe almeno mamma e figlio dopo questi 50 giorni di prigionia. Ma non arriva: l’Asl Roma 2 resta silente, così, a distanza di ben 10 giorni dal doppio tampone negativo, Francesco e della sua mamma sono ancora bloccati in casa per via di un pezzo di carta mancante. E la Asl non risponde alle loro chiamate e alle loro mail.

Nessuno ci sapeva dire come attivare il ritiro. Siamo stati rimpallati tra Asl, Croce Rossa, Comune di Roma, Protezione Civile, Ama. Abbiamo mandato mail a tutti e alla fine ci ha chiamato una ditta privata che era incaricata del ritiro, perchè i nostri erano rifiuti speciali. Così abbiamo accumulato nel nostro appartamento spazzatura per settimane, compresi i pannolini sporchi del bambino”, ci racconta molto provata mamma E.

Suo figlio di tamponi ne ha fatti 5, prima di ottenere i due di fila negativi che consentissero la fine della quarantena.

“I risultati dei tamponi arrivano in ritardo. Noi siamo dichiarati guariti, come conferma la mail che ci è arrivata dalla Asl, anche se siamo a contatto con un positivo, per quanto isolato e con uso della mascherina in casa. Mi chiedo che senso abbia tutto questo. Ora attendiamo, oltre al nostro certificato, l’ennesimo tampone per mio marito, che è stato fissato per oggi 14 ottobre. Sono 50 giorni che mio figlio è recluso in casa”, continua E. Che a sua volta, nonostante sia asintomatica, non ha mai potuto riprendere il suo lavoro, neanche in modalità Smart working, risultando in malattia obbligatoria.

Una storia fatta di ritardi, incongruenze e assurdità. E a rimetterci ancora una volta sono i più deboli e indifesi, i bambini. Perché, ormai è chiaro a tutti, a oggi il nostro sistema sanitario non ce la fa a reggere.

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Direttrice: Stefania Piazzo
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