di Giuseppe Olivieri – Ero consapevole dell’infiltrazione della grande criminalità organizzata nella casa che è anche mia. Non pensavo, però, che l’agguato in stile mafioso a Seregno dei giorni scorsi passasse pressoché inosservato dal mondo politico. Nonostante ad oggi sembri non ci siano certezze a livello investigativo, speravo che qualcuno reagisse indignato. Invece, ormai, anche questo appare come un segno del processo di normalizzazione del nostro tempo.
Io sono figlio di immigrati. Figlio di persone che, come tante altre, sono giunte in Pianura Padana alla ricerca di una fortuna che la loro terra d’origine non aveva loro concesso. I miei genitori sono arrivati in punta di piedi. Nessun desiderio di prevaricazione. Nessuna arroganza. Nessuna voglia di imposizione. Solo impegno, sacrificio e tanto rispetto nei confronti di una terra e di un popolo che li ha accolti. Perché questa terra abbraccia tutti: anche chi porta in dote elementi culturali differenti, spesso antagonisti a quelli autoctoni. Anche chi ne vuole sovvertire l’ordine sociale ed economico. Anche chi rischia di annientarla.
Sta a chi di dovere difenderla, preservandone la sua identità.
E se la politica partitocratica è ammalata, sta a ciascuno di noi diventare protagonisti nell’azione. Se l’offuscamento infiltra le menti di chi gestisce il potere, sta ai cittadini risvegliare le proprie coscienze. Se gli interessi sporchi rischiano di alterarne il substrato culturale, sta a chi vive la nostra terra reagire nei confronti di chi manipola e silenzia, per connivenza, incapacità o ignavia.
Nel frattempo, io ringrazio chi lotta. Chi sensibilizza nelle scuole. Chi opera in ambito giudiziario con senso di responsabilità. Rappresentano l’unica speranza per formare uomini e donne che siano sentinelle dei nostri territori e dei valori storici, di cui essi sono espressione.
Senza illusioni.
