“Negli ultimi 10 anni si è registrato un grosso calo di accesso alla donazione di sangue, soltanto il 33% delle donne dona. E stiamo perdendo donatori giovani”.
A lanciare l’allarme è stata Vanessa Agostini, direttrice dell’Unità operativa Medicina Trasfusionale Policlinico San Martino di Genova e responsabile del Coordinamento per le attività trasfusionali della Liguria, durante l’incontro su “Gender gap e salute della donna: le proposte della Community Donne Protagoniste in sanità”, svoltosi a Palazzo Giustiniani a Roma.
“Diventa fondamentale investire in politiche di sensibilizzazione e fidelizzazione alla donazione attraverso percorsi che devono iniziare all’interno della scuola, così da avvicinare i giovani in età precoce, e nello stesso tempo promuovere i corretti stili di vita – sottolinea la dottoressa Agostini -. Con un solo percorso riusciamo a tutelare la salute dei nostri donatori e trovarne dei nuovi”.
“La medicina trasfusionale non ha un percorso di formazione specialistica, abbiamo perso il 30% dei medici rispetto all’epoca pre-pandemica – spiega Agostini -. Non avere medici che si occupano di medicina trasfusionale significa non poter avere percorsi di formazione nelle scuole, realizzare campagne di promozione e sensibilizzazione alla donazione con il supporto delle associazioni e federazioni dei donatori volontari di sangue e non poter incidere sull’utilizzo appropriato degli emocomponenti per il supporto trasfusionale. Cosa chiediamo al governo? Bisogna rivalorizzare la professione dei medici di medicina trasfusionale, investire in risorse umane e progetti specifici attraverso finanziamenti che non siano a pioggia su tutte le regioni, ma che siano coordinati mediante il Centro nazionale sangue”.