di Gigi Cabrino – Si aggiunge la Fim – CISL al coro di chi , sottovoce, senza voler passare per nemico dell’ambiente, ricorda che lo stop ai motori a combustione dal 2035 va accompagnato da misure di riconversione industriale.
“Lo diciamo con forza e con tutta la nostra determinazione: siamo contrari che tutto il costo della transizione elettrica sia pagato dai lavoratori. La sostenibilità sociale della transizione è irrinunciabile. E questa nostra posizione netta è rivolta a tutti i soggetti coinvolti: Stellantis e alle aziende del settore, alle associazioni di categoria, alle istituzioni e al futuro Governo”.
Così il segretario nazionale Fim Cisl Ferdinando Uliano.
“Abbiamo da tempo denunciato i pericoli occupazionali e industriali – spiega il leader dei metalmeccanici – che si stanno determinando a seguito dello stop nel 2035 dei motori a benzina e diesel. Solo nel settore automotive nella parte industriale in Italia si stimano oltre 75.000 posti di lavoro che verrebbero spazzati via di colpo. La crisi di governo ci ha fatto perdere altri quattro mesi di tempo per poter incidere sulle politiche di rilancio di uno dei settori più strategici della nostra industria. Restano tutte le incognite circa le intenzioni del futuro governo rispetto al settore. Come Fim abbiamo proposto, come hanno fatto altri paesi Ue, di istituire un apposito comitato tecnico per indirizzare subito le risorse necessarie per la reindustrializzazione del settore. Servono interventi di rafforzamento degli ammortizzatori sociali e della formazione professionale per investire sulle nuove competenze necessarie per accompagnare la transizione. Il governo deve essere consapevole che senza un piano per la transizione industriale, attivabile da subito”.
La transizione green costa 75mila posti di lavoro
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