Gimbe, ecco i tagli alla sanità: 79 strutture territoriali così divise 312 case di comunità, 120 centrali operative territoriali, 47 ospedali di comunità. Si rinuncia inoltre a 25 interventi di antisismica

30 Novembre 2023
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Alcune misure sono “condivisibili” come l’ulteriore potenziamento dell’assistenza domiciliare e della telemedicina, altre sono “incomprensibili” come il taglio dei posti di terapia intensiva, altre ancora rischiose, perché potrebbero “lasciare indietro le Regioni meridionali”. È questo il giudizio della Fondazione Gimbe sulla revisione della Missione Salute del Pnrr richiesta dal Governo e approvata nei giorni scorsi dalla Commissione Europea. La nuova versione, ricorda Gimbe , taglia, rispetto alla formulazione originaria, 479 strutture territoriali così divise: 312 case di comunità, 120 centrali operative territoriali, 47 ospedali di comunità. Si rinuncia inoltre a 25 interventi di antisismica. Un intervento “inevitabile” per “l’aumento dei costi di realizzazione di opere preventivate in era pre-pandemica e antecedenti alla crisi energetica”, dichiara in una nota il presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta. “Tuttavia, se ad essere espunte saranno le strutture da realizzare ex novo, saranno prevalentemente le Regioni del Centro-Sud a essere penalizzate”. 

Bene invece l’incremento del target del numero di over-65 da prendere in carico in assistenza domiciliare (che passa da almeno 800 mila a 842 mila) e del numero di pazienti assistiti in telemedicina (da almeno 200 mila a 300 mila). La sua “implementazione è tuttavia condizionata dall’inserimento delle varie prestazioni nei livelli essenziali di assistenza”, precisa Cartabellotta. È invece “poco comprensibile” “la rimodulazione al ribasso del numero di posti letto in terapia intensiva e sub-intensiva di ben 1.803 unità (ovvero 1 su 4)”, prosegue il presidente Gimbe. “Non era prevista nella proposta di rimodulazione del 27 luglio 2023; riguarda un progetto già finanziato con i fondi del decreto rilancio; infine, il potenziamento di queste strutture rappresenta una misura chiave del nuovo piano pandemico”, conclude Cartabellotta.

Riguardo alla Componente 1 “le modifiche approvate – spiega Cartabellotta – confermano le richieste di espungere varie strutture ma i criteri e la distribuzione regionale al momento non son noti. tuttavia, se ad essere espunte saranno le strutture da realizzare ex novo, saranno prevalentemente le Regioni del Centro-Sud ad essere penalizzate”. Nel dettaglio dovranno essere realizzate: 1.038 Case della comunità rispetto alle 1.350 iniziali (-312); 480 Lettino rispetto alle 600 iniziali (-120); 307 Ospedali di comunità rispetto ai 381 iniziali (-74). Secondo quanto riportato nel piano di rimodulazione, gli investimenti espunti dovrebbero essere finanziati con le risorse del programma di investimenti in edilizia sanitaria e ammodernamento tecnologico (ex art. 20 L. 67/1988) non spese dalle Regioni. “Ma è bene sottolineare – precisa il presidente – che il documento approvato dalla Commissione Ue menziona tali fondi solo per compensare gli investimenti relativi all’antisismica”. In particolare, è stata aggiunta la misura M6C2-10 bis che prevede l’erogazione di almeno il 90% di 250 milioni di euro per progetti finalizzati alla ristrutturazione e modernizzazione degli ospedali correlati agli Accordi di Programma di cui all’art. 20 della L.67/88. E ancora: è previsto un incremento del target quantitativo, sia del numero di persone over 65 da prendere in carico in assistenza domiciliare (da almeno 800mila a 842mila), sia del numero di pazienti assistiti in telemedicina (da almeno 200mila a 300mila). 

“Un impegno – commenta Cartabellotta – indubbiamente condivisibile, in linea con le necessità di potenziare ulteriormente l’assistenza domiciliare e, soprattutto, di espandere l’utilizzo della telemedicina. La cui vera implementazione è tuttavia condizionata dall’inserimento delle varie prestazioni nei livelli essenziali di assistenza, che oggi includono solo la tele-neuroriabilitazione”. La rimodulazione prevede anche il differimento temporale del target relativo all’attivazione delle Cot dal 30 giugno 2024 al 31 dicembre 2024 (+6 mesi). 

Quanto alla Componente 2, le modifiche approvate confermano la riduzione del numero di interventi di antisismica negli ospedali e prevedono una riduzione dei posti letto di terapia intensiva e semi-intensiva. In dettaglio sono previsti: 84 interventi di antisismica rispetto ai 109 iniziali (-25); 2.692 posti letto di terapia intensiva rispetto ai 3.500 iniziali (-808); 3.230 posti letto di terapia semi-intensiva rispetto ai 4.225 iniziali (-995). “La rimodulazione al ribasso del numero di posti letto in terapia intensiva e sub-intensiva di ben 1.803 unità (ovvero 1 su 4) – commenta il presidente GIMBE- risulta poco comprensibile per almeno tre ragioni. Innanzitutto, non era prevista nella proposta di rimodulazione del 27 luglio 2023; in secondo luogo, riguarda un progetto già finanziato con i fondi del decreto rilancio; infine, il potenziamento di queste strutture rappresenta una misura chiave del nuovo piano pandemico”. Considerato che si trattava di un ‘progetto in essere’, già finanziato con le risorse del decreto rilancio del 2020), dal documento approvato dalla Commissione Ue non risulta in alcun modo se i posti letto ‘svaniti’ verranno comunque realizzati. E ancora: la rimodulazione prevede anche il differimento temporale del target relativo all’installazione delle grandi apparecchiature dal 31 dicembre 2024 al 30 giugno 2026 (+18 mesi). dei costi di realizzazione di opere preventivate in era pre-pandemica e antecedenti alla crisi energetica – concludono Cartabellotta – hanno reso inevitabile espungere un numero consistente di Case e Ospedali di comunità e Centrali operative territoriali. Considerato che la distribuzione regionale delle opere da edificare non è omogenea, è indispensabile – ammonisce Cartabellotta – trovare un meccanismo di perequazione per evitare di lasciare indietro le Regioni meridionali nel processo di potenziamento e riorganizzazione dell’assistenza territoriale, visto che tra gli obiettivi trasversali del Pnrr vi è proprio la riduzione delle diseguaglianze regionali. Il rifinanziamento di queste strutture – come ripetutamente dichiarato dalle Istituzioni – con i fondi dell’ex. arte. 20, oltre ad essere già stato ritenuto non applicabile dalle Regioni, non trova traccia nel documento approvato dalla Commissione Ue. Sicuramente positivo l’aumento degli over 65 assistiti in Adi e in telemedicina. Sull’incomprensibile taglio ai posti letto di terapia intensiva e sub-intensiva sarebbe opportuno che le Istituzioni fornissero chiarimenti”.

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