Rapporto mensile sul credito. Finanziamenti alle imprese tagliati di 53 miliardi, calano di 4 miliardi quelli ai cittadini a causa del crollo dei prestiti personali di oltre 12 miliardi. Credito al consumo (+5 miliardi) e mutui (+2 miliardi) restano in territorio positivo. Il vicepresidente Spadafora: «È un problema serissimo del quale deve farsi carico il governo, ci avevano provato con la tassa sugli extra profitti a carico delle banche, ma non c’è stata la forza di reggere e il passo indietro, purtroppo, è stato clamoroso. Peccato, sarebbe stata l’occasione per assetare un colpo al settore, più politico che economico»
Il costo del denaro al 4,5% provoca il credit crunch: sono crollati, infatti, di oltre 57 miliardi di euro, in un anno, i prestiti delle banche a imprese e famiglie. Da agosto 2022 ad agosto 2023, lo stock di crediti concessi al settore privato è passato da 1.355 miliardi a 1.297 miliardi, con una discesa superiore al 4%.Nel frattempo, complice il rallentamento della crescita economica e, soprattutto, il rialzo dei tassi d’interesse imposto dalla Banca centrale europea, è tornato a crescere l’ammontare delle sofferenze che ad agosto scorso, dopo un lungo periodo di tendenza in diminuzione, sono arrivate a sfiorare quota 18 miliardi di euro, in aumento di 1,6 miliardi su base annua e in salita nei primi otto mesi del 2023 di quasi 4 miliardi (+26%). È quanto emerge dal rapporto mensile sul credito realizzato dal Centro studi di Unimpresa, secondo il quale lo stock degli impieghi delle banche verso le imprese e le famiglie è calato, al netto delle cartolarizzazioni, del 4,24%, dai 1.354,9 miliardi di agosto 2022 ai 1.297,5 miliardi di agosto 2023. «Sullo scenario del credito bancario si è addensata la nube, molto fosca, della politica monetaria della Banca centrale europea. Era scontato. Con 10 rialzi del tasso di riferimento in appena 14 mesi, le condizioni di accesso ai prestiti sono diventate di fatto proibitive e, chi aveva finanziamenti a tasso variabile ha dovuto fronteggiare un imprevisto aumento del costo dell’indebitamento con gli oneri finanziari che sono saliti anche del 70-80%. Tutto questo rappresenta un macigno per le famiglie e per le aziende, in particolare per le piccole e medie imprese: quelle che non hanno riserve di liquidità sufficienti a coprire questa fase si trovano in enorme difficoltà. È un problema serissimo del quale deve farsi carico il governo, ci avevano provato con la tassa sugli extra profitti a carico delle banche, ma non c’è stata la forza di reggere e il passo indietro, purtroppo, è stato clamoroso. Peccato, sarebbe stata l’occasione per assetare un colpo al settore, più politico che economico» commenta il vicepresidente di Unimpresa, Giuseppe Spadafora.
Secondo il rapporto del Centro studi di Unimpresa, che ha rielaborato dati della Banca d’Italia, il totale dei crediti delle banche al settore privato, al netto delle cartolarizzazioni, è passato da 1.354,9 miliardi di agosto 2022 a 1.297,5 miliardi di luglio agosto, in discesa di 57,4 miliardi (-4,24%). «Questi dati, talora contestati dalle associazioni di categoria del settore creditizio, non tengono conto delle cartolarizzazioni di prestiti, vale a dire impieghi in buona parte deteriorati che le banche hanno ceduto, nel corso del periodo in esame, a società veicolo o specializzate. Se quei valori fossero computati nel conto totale, i risultati sarebbero diversi, tuttavia appare più corretto prendere in considerazione solo il credito risultante negli attivi bancari ovvero quello che è alla base della relazione tra la banca e la propria clientela» osservano gli analisti di Unimpresa. Più nel dettaglio, i prestiti destinati alle aziende sono passati dai 678,2 miliardi di agosto 2022 ai 625,02 miliardi di agosto scorso, con una diminuzione di 53,2 miliardi (-7,84%). Sono diminuiti i finanziamenti a breve termine (fino a 1 anno di durata), passati da 153,2 miliardi a 139,1 miliardi in calo di 14,05 miliardi (-9,17%), sia quelli di lungo periodo (con scadenza superiori a 5 anni), crollati da 362,5 miliardi a 332,9 miliardi in discesa di 29,6 miliardi (-8,16%). In calo anche il credito di medio periodo (fino a 5 anni), sceso di 9,5 miliardi (-5,88%) da 162,4 miliardi a 152,8 miliardi. Per quanto riguarda i prestiti alle famiglie, il credito al consumo e i mutui ipotecari hanno contenuto il calo complessivo che si è attestato a meno 4,2 miliardi (-0,62%) da 676,7 miliardi a 672,5 miliardi: i prestiti per comprare casa sono saliti di 2,3 miliardi (+0,54%) da 422,06 miliardi a 424,3 miliardi; il credito al consumo (ovvero quello concesso principalmente per l’acquisto di viaggi, arredamento, automobili, elettrodomestici, computer e smartphone) è aumentato del 5,00% con una crescita di 5,6 miliardi da 113,8 miliardi a 119,5 miliardi. Si è registrato, invece, un calo significativo di 12,2 miliardi (-8,67%) per i prestiti personali (quelli concessi senza una finalità specifica), passati da 140,8 miliardi a 128,6 miliardi.
CLIENTI IN AFFANNO CON LE RATE: NEL 2023 SOFFERENZE CRESCIUTE DI QUASI 4 MILIARDI (+26%)
La clientela bancaria paga il conto dell’inflazione in crescita e del rallentamento dell’economia, con i non performing loan degli istituti tornati preoccupantemente ad aumentare. In relazione alle rate non pagate, infatti, nei primi otto mesi del 2023 si è registrata una brusca inversione di tendenza nell’andamento delle sofferenze bancarie: i crediti “malati” delle banche sono cresciuti, infatti, di quasi 4 miliardi di euro tra dicembre 2022 e agosto scorso con un aumento che sfiora il 26%. Ad agosto dello scorso anno, le rate non pagate da famiglie e imprese erano a quota 16,2 miliardi. Le sofferenze nette delle banche (quelle calcolate dopo le svalutazioni) ad agosto scorso valevano 17,9 miliardi di euro. Il dato è in crescita di 1,6 miliardi (+9,93%) rispetto ai 16,2 miliardi di luglio agosto e di ben 3,6 miliardi (+25,9%) rispetto a dicembre dello scorso anno, quando gli arretrati netti erano pari a 14,2 miliardi. Ad agosto 2022 il totale dei crediti ammalorati delle banche, calcolati al netto delle svalutazioni di bilancio sulla base delle regole europee, era a quota 16,2 miliardi. Questo l’andamento dei mesi successivi del 2022: 16,1 miliardi a settembre, 16,6 miliardi a ottobre, 16,1 miliardi a novembre e 14,2 miliardi a dicembre. Da inizio 2023 una progressiva risalita: 15,3 miliardi a gennaio, 15,5 miliardi a febbraio, 15,1 miliardi a marzo, 15,2 miliardi ad aprile e a maggio, 16,5 miliardi a giugno, 16,4 miliardi a luglio e 17,9 miliardi ad agosto. Su base annua, invece, si registra un calo generale delle sofferenze lorde di 2,4 miliardi (-6,96%) dai 35,2 miliardi di agosto 2022 ai 32,8 miliardi di agosto 2023. Il rapporto tra le sofferenze lorde e il totale degli impieghi al settore privato è passato dal 2,60% al 2,53%. Le sofferenze nette sono aumentate su base annua di 1,6 miliardi (+9,93%) da 16,2 miliardi a 17,9 miliardi. Il rapporto tra le sofferenze nette (quelle non coperte da garanzie reali) e il totale degli impieghi al settore privato è passato dall’1,20% all’1,38%. In generale, sono diminuite, su base annua, le sofferenze di tutte le categorie di clientela: quelle riconducibili alle aziende sono calate di 1,5 miliardi (-7,58%), da 20,9 miliardi a 19,3 miliardi; quelle delle famiglie sono scese di 523 milioni (-4,99%), da 10,4 miliardi a 9,9 miliardi; quelle delle imprese familiari sono diminuite di 236 milioni (-9,51%), da 2,4 miliardi a 2,2 miliardi; in discesa anche quelle riferibili a pubblica amministrazione, fondi, assicurazioni e onlus, passate da 1,3 miliardi a 1,2 miliardi con una variazione negativa di 108 milioni (-7,92%).