Itinerari previdenziali è il rapporto che dice tutto. C’è una parte del paese che paga e versa le tasse e un’altra che invece non lo fa. Da sola la Lombardia produce risorse in questo senso tanto quanto cinque regioni del Sud. Ergo, tiene in piedi il sistema. Ovvero con l’Irpef e i contributi Inps sostiene la fiscalità generale che garantisce a tutti la sanità e poi le pensioni. Il punto è che il 47% del paese non dichiara un reddito tassabile. Ed è nel mezzogiorno. Dove, però, la capacità di spesa non è direttamente proporzionale ai consumi. In altre parole, se davvero non ho reddito, non potrei spendere quando spendo. Il che vuol dire, che non dichiaro il nero. E lavoro in nero. Questo quadro che spacca in due il paese, il dossier di Alberto Brambilla non lo dice esplicitamente, ma lo si evince dai dati.
L’altra sera Radio 24 in una lunga intervista di Stefano Barisoni a Brambilla, ha avuto il coraggio di farlo emergere. Cosa che ben si guarda la politica dal farlo. Vuol dire che prima o poi la spesa sanitaria diverrà insostenibile, che non basterà da sola la Lombardia e il Nord a regolare il sistema e che a furia di coprire quel che manca emettendo debito, arriveremo allo choc definitivo della sanità e non solo di quella. Ma rivediamo insieme alcuni passaggi fondamentali dello studio. Buona lettura!
Nel 2021, le uscite complessive per le varie funzioni di protezione sociale superavano le entrate di circa 18,4 miliardi. Ma il Nord produce un attivo di 24,14 miliardi, il Centro di poco superiore ai 5, mentre il Mezzogiorno assorbe oltre 47 miliardi, producendo un passivo che il solo disavanzo positivo di tutte le altre Regioni non e’ sufficiente a colmare. Lo afferma il rapporto “La Regionalizzazione del Bilancio Previdenziale italiano” di Itinerari previdenziali , secondo cui i surplus delle regioni del Nord si riducono piu’ rapidamente di quanto il Sud riesca a migliorare la propria situazione. “Laddove il Sud continuasse ad assorbire tutti i ‘residui fiscali’ delle Regioni del Centro e del Nord, la situazione nazionale potrebbe dunque divenire a breve insostenibile, tanto più’ se si considera, da una parte la fine del tempo di ‘tassi zero’ di cui l’Italia ha potuto beneficiare per anni e, dall’altra, la riduzione dei finanziamenti europei, dirottati verso Paesi di piu’ recente ingresso. “Per cause demografiche ed economiche – sostiene Alberto Brambilla, curatore della pubblicazione – si e’ oltretutto ridotta la capacita’ delle Regioni settentrionali (e della Lombardia in particolare) di finanziare i trasferimenti al Sud: ecco perché’ se non si esce con coraggio, e con l’unità nazionale della politica, da questa eccessiva fase assistenziale e di debito, sara’ presto difficile non solo sostenere il peso del welfare ma anche consentire al Mezzogiorno di svilupparsi”.
Infatti il totale dei redditi prodotti nel 2021 e dichiarati nel 2022 ai fini Irpef e’ ammontato a 894,162 miliardi, per un gettito generato di 175,17 miliardi (157 per l’Irpef ordinaria; 12,83 per l’addizionale regionale e 5, 35 per l’addizionale comunale), in crescita rispetto ai 164,36 miliardi dell’anno precedente. Aumentano anche i dichiaranti (41.497.318) ei contribuenti/versanti, vale a dire coloro che versano almeno 1 euro di Irpef, che salgono a quota 31.365.535, valore piu’ alto registrato dal 2008: a ciascun contribuente, corrispondono pero’ di fatto 1.427 abitanti. Sono queste alcune delle principali evidenze emerse, con particolare riferimento al focus dedicato all’analisi delle imposte dirette, dalla Settima Regionalizzazione sul Bilancio del Sistema Previdenziale italiano a cura del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, presentato questa mattina al Cnel in collaborazione con Cida – Confederazione Italiana Dirigenti e Alte Professionalita’.
“Una fotografia in miglioramento rispetto al periodo pandemico, ma che – secondo Alberto Brambilla, curatore della ricerca – sembrerebbe poco veritiera guardando invece a consumi e abitudini di spesa degli italiani. Mentre quasi la meta’ (il 47%) non dichiara redditi, tra i versanti il grosso del carico fiscale grava sulle spalle dei contribuenti che dichiarano redditi da 35 mila euro in su”. Scendendo nel dettaglio, per quanto riguarda la distribuzione geografica dei versamenti Irpef, l’analisi dei redditi riferiti all’anno di imposta 2021 e rese nel 2022 evidenzia che il Nord contribuisce per 100,6 miliardi, pari al 57,43% del totale, il Centro con 38,2 miliardi pari al 21,83% del totale, mentre il Sud porta in dote 36,3 miliardi, pari al 20,74% del gettito complessivo. Una situazione di disequilibrio che si trova conferma anche analizzando le singole Regioni: con poco meno di 10 milioni di abitanti, la Lombardia versa 40,3 miliardi di Irpef, vale a dire un importante maggiore dell’intero Mezzogiorno, che ne conta almeno il doppio, e persino superiore a quello dell’intero Centro (11,8 milioni di abitanti). Il documento prosegue con la scomposizione per fasce di reddito rivelando che da 0 fino a 7.500 euro lordi si collocano 8.832.792 soggetti, il 21,29% del totale, che pagano in media 26 euro di Irpef l’anno. I contribuenti che dichiarano redditi tra i 7.500 ei 15 mila euro lordi l’anno sono 7.819.493, cui corrispondono 11,16 milioni di cittadini (il 18,84%); al netto del TIR, l’Irpef media annua pagata e’ di 358 euro e si riduce a 251 euro nel calcolo per abitante. Nel complesso, i contribuenti delle prime due fasce di reddito, il 42,59% del totale, pagano solo l’1,73% dell’IRPEF complessiva, ampiamente insufficiente a ripagarsi anche il solo costo della spesa sanitaria.
Rapportato alla popolazione – spuega lo studio – significa che lo Stato, per il solo sistema pensionistico, trasferisce a ogni abitante del Sud 886 euro l’anno contro i 531 del Centro ei 364 del Nord: i trasferimenti piu’ rilevanti vengono beneficiari al Nord i liguri (-1.389,16 euro pro capite) ei piemontesi (-1.230,21euro) e la regione a statuto speciale Valle d’Aosta (- 1.157,75); al Centro gli umbri (-1.159,73 euro) e al Sud i calabresi (-1.288,78 euro), i molisani (-1.123,01 euro) ei pugliesi (-1.025,92 euro).