Categorie: Cultura

Scuola, classi con “problemi”. Bianchini: Perché Ricolfi sbaglia

di Sergio Bianchini – Tutti i miei lettori conoscono la mia ammirazione per Luca Ricolfi , professore ordinario di Psicometria presso il dipartimento di Psicologia dell’Università degli Studi di Torino, dove tiene l’insegnamento di Analisi dei dati.

E proprio nell’analisi dei dati come premessa alla comprensione di qualunque situazione sta la sua bravura, molto rara nelle controversie politiche italiane.

Ma questa volta mi ha deluso per una osservazione introdotta nel suo articolo sul Messaggero del 5 aprile relativo ai problemi della formazione equilibrata delle classi.

Inizia bene, come al solito, segnalando che gli alunni stranieri sono circa l’11 % in totale. Questo valore rapportato alle classi reali evidenzia un 31% di classi prive di alunni stranieri. Un altro 30% vede un problema limitato perché gli stranieri sono inferiori al 10%, cioè due su una classe di 20 alunni. Un ulteriore 21% delle classi vede una presenza di stranieri inferiore al 20% cioè 4 alunni su 20. Poi un 10% delle classi supera la soglia del 20% fino al 30% di stranieri e infine le classi con più del 30% di stranieri sono pari all’8%.

L’ultimo dato è che l’1% delle classi vede compresenti più stranieri che italiani.

Dice Ricolfi” a mio parere sbaglia chi, in nome dell’inclusione o dell’accoglienza minimizza il problema ma sbaglia anche chi pensa che il problema siano gli stranieri in quanto tali”.

E proprio dopo questa affermazione propone considerazioni del tutto strampalate. Infatti mette sullo stesso piano le classi con troppi stranieri a quelle con troppi maschi o troppi ragazzi di umili origini.

Incredibile affermazione. La presenza nelle classi delle proporzioni reali della società taliana sarebbe un problema.

Evidentemente Ricolfi non ha riflettuto sulla scuola premoderna e nemmeno sulle mutazioni recenti.

Io personalmente ho frequentato per tredici anni classi totalmente maschili fino al diploma raggiunto nel “65. Ebbene mai ho vissuto problemi disciplinari o di gravi conflitti coi pari.

La conclusione dell’articolo è quella definitiva, meno argomentata e più strana “ ben venga dunque una rinnovata attenzione alla composizione delle classi. Ma non fissiamoci sull’idea empiricamente errata, che a rallentare il ritmo di apprendimento di una classe sia solo l’eccesso di studenti stranieri. Concentriamoci piuttosto, sul problema dei maschi e del loro scarso impegno scolastico: forse il più trascurato dei guai della scuola”.

Staccandosi dall’analisi dei dati e proponendo le vere, secondo lui, priorità Ricolfi, lo stimato Ricolfi, cade in errore. Non vede e non comprende come il diffuso disimpegno scolastico maschile sia figlio non di misteriosi limiti dell’identità maschile ma della totale femminilizzazione del corpo docente italiano e delle presidenze.

E questa volta il dato chiaro a tutti i genitori ma sempre offuscato lo do io ed è il seguente” la femminilizzazione della professione docente è un fenomeno in crescita: l’81,5% degli insegnanti nelle scuole statali è donna (768.667 su 943.681). Il 99% delle maestre di ruolo nella scuola dell’Infanzia è donna. Il 96% delle insegnanti nella scuola Primaria è donna. Il 75% delle docenti di ruolo è donna.

Qui le pulsioni sull’uguaglianza di genere non funzionano. E’ evidente che all’alunno maschio mancano, in anni decisivi, modelli di comportamento e di autorevolezza maschili. E questo sicuramente incide sia sui suoi comportamenti che sulla formazione di un carattere equilibrato.

Il problema è grosso e molte volte ho segnalato che per risolverlo bisognerebbe trasformare il lavoro dell’insegnante da un lavoro part time, quale è attualmente, ad un lavoro a tempo pieno ben pagato e quindi anche appetibile per insegnanti maschi e meno funzionale alle docenti casalinghe che vogliono il part time e le lunghe vacanze..

Ma proprio questa trasformazione è respinta dai registi della assegnazione clientelare di stipendi statali al ceto medio femminile meridionale che occupa quasi tutti i posti statali nella scuola.

La penosa “razionalità” dell’intellettuale nordico che esamina diligentemente le pagliuzze ma non vede le travi ancora una volta ci sommerge.

Redazione

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