Categorie: Cronaca

Calderoli annuncia che se non passa la sua riforma, si dimetterà. Chi fa il bilancio di 30 anni di centrosudismo?

di Sergio Bianchini – Calderoli ha detto che se la sua proposta di riforma non passerà si ritirerà dalla politica.

E probabilmente la riforma non passerà. Tutto il dibattito in corso ha uno sviluppo esattamente contrario alla moda dominante del dirittismo. In termini di diritto le richieste di Calderoli sono ultra legali ma in questo caso il pensiero dominante dei “liberisti” dominanti è un altro e cioè la salvaguardia dell’uniformità dei territori.

Anzi i LEP (livelli essenziali delle prestazioni), premessa dichiarata per la concessione di alcune forme di auto amministrazione a costo statale invariato, tendono ad aumentare l’uniformità nazionale anche rispetto alla situazione attuale.

Amato, Gallo, Pajno e Bassanini, autorevolissimi esperti di costituzione e di regolamenti, si sono dimessi dalla commissione CLEP che dovrebbe definire appunto i livelli minimi di uniformità.

Di piu’, qualcuno sostiene ad esempio Bassanini, che i livelli minimi nazionali vanno determinati non solo per le materie di cui le regioni chiedono l’utogestione ma piuttosto in tutte le materie anche quelle non richieste.

Così verrebbe prima di tutto determinata una maggiore uniformità generale, quella si con costi aggiuntivi assolutamente impossibili da sostenere e quindi sarebbe decretato il rinvio infinito di ogni provvedimento per specifici territori..

Sembra una farsa ed in effetti lo è ma mostra la grande furbizia e sapienza della classe dirigente nazionale basata sull’alleanza centrosudista che però vede la benedizione della chiesa ed anche l’appoggio delle associazioni industriali del nord.

Bassanini poi nell’esplicitazione di quali siano i livelli minimi addirittura li pone al di sopra dei livelli massimi odierni e nel caso della scuola presenta come esempio di LEP classi con massimo di 15 alunni, tempo pieno per tutti (e non si capisce se obbligatorio), palestre con 10 metri quadri per alunno. Sono livelli da sogno anche nelle regioni più sviluppate e quindi la battaglia sia concettuale che quantitativa si annuncia infinita.

Dunque Calderoli molto probabilmente  si ritirerà. Ma qualcuno si pone il problema di fare un bilancio di questi 30 anni e di stabilire obiettivi realistici per il cambiamento dello stato?

Io, alla luce della quasi certa impossibilità attuale di costituire differenze regolamentari territoriali( a parte quelle storiche)direi di insistere sulla nordificazione dello stato, chiedendo che il personale dello stato centrale sia quantitativamente proporzionale alle popolazioni di nord, centro e sud.  E in aggiunta clausole regionali per il lavoro amministrativo, sanitario, scolastico ecc. che ad esempio prevedano almeno il 50% di abitanti regionali nell’amministrazione di qualunque regione, provincia o comune.

Lo schema legale sarebbe sempre concettualmente e giuridicamente unico a livello nazionale ma il rapporto tra centro e territori ne sarebbe fortemente influenzato. Mi rendo conto che questo discorso sembra il classico coniglio uscito dalla tuba ma non posso accettare la rinuncia al cambiamento dello stato che è il principale ostacolo ad un buon funzionamento dell’intero paese.

Un paese che continua ad avere la caratteristica una e trina che ho più volte citato ma che non riesce a porla esplicitamente sul piatto dei programmi sia di governo che di architettura costituzionale.

D’altra parte il secessionismo anche dove raccoglie davvero più del 50% della popolazione come in Catalogna (cosa che non avviene nel nostro nord) appare in blocco totale. Evidentemente una secessione o un’autonomia potente richiedono maggioranze “bulgare” o appoggi esterni che non si vedono perché l’Europa si oppone alla frammentazione.

Stefania Piazzo

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