Bossi parla e si fa portavoce del malessere del popolo. In fila per salutare il Senatur che dice: “Alla Lega serve un nuovo leader”. Castelli, Grimoldi, Leoni, Bernardelli e Reguzzoni le voci del dissenso a Gemonio

13 Aprile 2024
Lettura 6 min

di Stefania Piazzo –  Da giorni il passaparola era all’ordine del giorno. Una chiamata ad esserci, alle 15 del pomeriggio di sabato 13 aprile in piazzetta a Gemonio, per quel senso comune di appartenenza o di ex adesione ad un partito, la Lega Nord, quella originale, imbalsamata nel panorama di commissariamenti, per dare un tributo a Umberto Bossi.

La gente arriva alla spicciolata, inizia un vociare familiare, sembra il retro del palco prima delle vecchie Pontida. “Ha telefonato Bossi – avvisa ad un certo punto Roberto Castelli a gran voce alla platea della stampa e dei presenti dalle gradinate laterali della chiesa di San Rocco -. Ha detto che vuole salutarvi tutti, uno ad uno. Basta entrare in piccoli gruppi, abbiate solo un po’ di pazienza”.

E Bossi, finito il rito dei salutari e benefici saluti con chi nutre ancora rispetto verso il suo primo segretario, e verso la statura dell’uomo politico, decide di parlare con decine e decine di giornalisti assiepati davanti al cancello di casa.

PARLA BOSSI

“Alla Lega serve un nuovo leader. Un nuovo leader che va nella direzione dell’autonomia, che rimetta al centro la questione settentrionale”. A dirlo è proprio lui, il fondatore della Lega, dopo aver accolto, come promesso, nel salotto di casa, a turni ravvicinati, un centinaio di persone salite fin su a Gemonio. In fila, ordinati, tutti attendono il loro turno per stringere la mano al segretario del popolo, perché sa ancora esprimere, interpretare l’idem sentire, il malessere e il disagio, lo scollamento tra la Salvini Premier e il Nord.

OGNUNO PRENDE LA SUA STRADA

“Ognuno prende la sua strada – spiega il Senatùr -. Le idee vanno avanti sulle gambe degli uomini. Se ha altre idee, evidentemente non può riprendere la strada che abbiamo fatto noi. Cosa mi manca della Lega di allora? Era radicata, avevamo una base popolare. I primi discorsi che facevamo in Comune a Varese erano in dialetto e in italiano. Alla domanda se Giancarlo Giorgetti potrebbe sostituire Salvini, Bossi replica che l’attuale ministro dell’Economia “è uno bravo, ma non dico niente sennò lo massacrano. Se la base non approva i programmi, non vai da nessuna parte. Diventa una bolla di sapone”.

HO FATTO QUALCHE ERRORE, POI PERDONATO

”Se rifarei tutto ciò che ho fatto? Beh qualche errore l’ho fatto; sembrerà strano ma qualche errore l’ho fatto anche io. Errori che però mi vengono perdonati. All’inizio -ricorda il Senatur- abbiamo certamente fatto un grande sforzo; del resto erano momenti molto diversi. Allora, con la Lega Veneta e l’Uopa-Unione Ossolana per l’autonomia, eravamo in tutto il Nord, tutti uniti per l’autonomia. Si trattava di segni chiari per chi aveva un minimo di capacità politica di fare analisi per capire che le cose stavano cambiando. O altrimenti per sempre ci sarebbe stata la Democrazia Cristiana, con il gioco che era di Bettino Craxi, che prima era stato con il Pci e aveva fatto il centrosinistra, poi è andato con la Dc e logicamente il Pci è affondato”. E’ proprio ”partendo da questo sistema di potere che noi nascemmo. Da allora -aggiunge- molte cose si sono sviluppate, ma oggi c’è bisogno di un’altra spallata per cambiare in meglio le cose”.

IL RICORDO PIU’ BELLO

“Il più bel ricordo di questi 40 anni? “Quando ho portato migliaia di persone sul Monviso per raccogliere l’acqua dalle sorgenti del Po. “Agnelli – ha detto girava con l’aereo e diceva che eravamo pochi ma eravamo tanti”. L’ampolla? “Ce l’ha Calderoli , è sempre lui il custode” dell’ampolla”, ha poi risposto il Senatùr, che poi ha concluso.

MESSAGGIO A GIORGIA

“È un governo che purtroppo non ha i soldi e quindi senza soldi è difficile fare tante cose. Quando governi, devi dare dei risultati, ed è molto difficile”.

 “C’è bisogno di un’altra spallata per riuscire a cambiare in meglio le cose. Ad esempio sulla sanità. In Lombardia la sanità era un fiore all’occhiello, in questo momento non mi pare, è un problema che tocca la gente, tocca tutti”.

UNA FESTA A SETTIMANA BASTA. NON SARO’ A VARESE

“C’è bisogno di un’altra spallata per riuscire a cambiare in meglio le cose. Ad esempio sulla sanità. In Lombardia la sanità era un fiore all’occhiello, in questo momento non mi pare, è un problema che tocca la gente, tocca tutti”.

 ”Domani non sarò a Varese. Una festa a settimana basta”.

L’imbarazzante ritardo della Salvini Premier nel celebrare quei 40 anni di Carroccio, l’isolamento del Capo che dura da anni, sono la pietra dello scandalo per chi è salito fin lassù per omaggiare Bossi. E che tornato a casa prosegue su strade parallele la politica di dissenso alla deriva di una Salvini Premier che non ha pallidamente nulla di assimilabile alla Lega che faceva politica.

LEONI, IL FEDELISSIMO

Ci sono Giuseppe Leoni, co-fondatore della prima Lega, accanto al notaio che siglò il primo atto. C’è Mario Cavallin, fidato primo impaginatore di Lombardia Autonomista e dei manifesti che hanno fatto la storia.

LE VOCI DEL DISSENSO

In piazza ci sono Roberto Castelli, fondatore del Partito Popolare del Nord, in piazza, che viene letteralmente circondato da un nugolo di giornalisti tanto da affermare che “neanche quando ero ministro della Giustizia mi avete fatto così tante interviste. C’è Paolo Grimoldi, ex segretario della Lega Lombarda, uno dei pochi ancora dentro il partito. Seduto sui gradini della chiesina di San Rocco, inizia anche lui a rispondere al fuoco di fila delle domande. Arrivano i volti della prima ora. Modesto Verderio, Roberto Mura, Cesare Bossetti con Giuliana Bortolozzo, le voci e l’anima di Radio Varese prima e Radio Padania poi. Prima che anche quella finisse nella lavatrice del politicamente corretto alla Salvini. Arriva da Piacenza anche Massimo Polledri, ex deputato.

Ci sono Roberto Bernardelli, già parlamentare, poi assessore a Milano, fondatore di Grande Nord (federato alla lista Libertà di Cateno De Luca alle europee), assieme ad altri esponenti del partito: Lisa Molteni, consigliere a Gerenzano e Angelo Alessandri, ultimo presidente della Lega prima delle dimissioni di Bossi da segretario. Arriva Marco Reguzzoni, ultimo capogruppo bossiano alla Camera, ora in lista come indipendente con Forza Italia alle europee…. La lista delle presenze è lunga.

CASTELLI

“Le Pen a Pontida? Bossi non credo l’avrebbe invitata ma non vorrei parlare del fascismo perché il fascismo non c’è più. Questa cosa mi dà fastidio, è strumentale, la sinistra la usa come una clava spuntata, ‘se non la pensi come noi, allora sei fascista’ Però non credo che l’avrebbe invitata”. Così Castelli ai giornalisti, ma aggiunge anche molto altro: ”Io credo che Matteo Salvini abbia tradito il sogno dei leghisti; ormai la sua stagione è finita. Io, oggi, non vedo una vera Lega -osserva -; la Lega di oggi è un partito assolutamente centralista con punte di meridionalismo, che sta stanziando decine di miliardi di euro al Sud”. Quanto alle altre Leghe, ”sono tutte formazioni che hanno abbandonato il sogno federalista, per il quale la Lega Lombarda prima e la Lega Nord poi, era nata”.

Quindi, aggiunge: ”Trasformare la Lega in ‘Lega per Salvini premier’ è stato un errore; Salvini ha cioè abbandonato l’idea che aveva dato i fondamentali alla Lega per creare un partito centralista in funzione del fatto che lui voleva fare il premier, quindi per le sue ambizioni personali”. Ecco, evidenzia, ”vorrei far notare che lui adesso naviga su percentuali che erano le nostre quando, però, coltivavamo un sogno. E questo è un dato di fatto”. Sulla scelta di Vannacci, osserva, ”mi sembra una mossa strumentale; Vannacci ha avuto un grande successo presso l’opinione pubblica, probabilmente può valere l’1 o il 2% che, con la Lega nella situazione attuale, in cui balla tra il 7 e l’8%, può essere la differenza tra la vita e la morte”. Da questo punto di vista, quindi, ”penso che potrebbe essere utile; bisognerà solo capire se la gente lo voterà”. 

”Ringrazio tutti voi che siete qui rivolgendo subito un pensiero Padania libera! Non devo spiegarvi perché siamo qui oggi – prosegue-; qui ci sono coloro i quali non hanno mai dimenticato il nostro ‘grande capo’, che sono sempre stati vicini a lui e che oggi vogliono rendere omaggio a colui che ha trasformato le nostre coscienze ei nostri cuori, oltre che l’Italia. L’Italia -ha aggiunto – non è più la stessa; questo Paese, benedetto e disgraziato a seconda di come lo si voglia interpretare, non è più lo stesso dopo che Bossi è arrivato e si è affacciato alla scena politica italiana. Un uomo da solo, e io lo posso testimoniare perché ho vissuto tutto il cammino della Lega insieme a quest’uomo, che ha iniziato da zero, forte e solo con la suola delle proprie scarpe, delle proprie idee e del suo carisma eccezionale. Nessun altro è come lui. E con queste cose è riuscito a trasformare le nostre coscienze ei nostri cuori”.

“Salvini deve fare un passo di lato e lasciare la battaglia autonomista a chi ci crede ancora, ai tanti movimenti autonomisti che stanno nascendo Salvini è ministro, faccia il ministro”, commenta Paolo Grimoldi, fondatore dei Giovani padani, ex segretario della Lega Lombarda e coordinatore del Comitato Nord creato da Umberto Bossi.

Poi dopo l’annuncio della telefonata di Bossi, il popolo del dissenso si dirige verso la casa del Capo.

C’è una torta al cioccolato che attende di essere consegnata a Bossi. La portano tra la folla Lucas Casati e Francesca Losi, braccio destro di Castelli. “Tra un po’ con questo caldo si squaglia, non si può più aspettare”. Ma la speranza per il popolo che si sente tradito da Salvini, è che a squagliarsi sotto il peso degli errori di rotta, dai e dai, sia la Salvini Premier. Perché un conto sono le torte e un’altra cosa le figure da cioccolataio. La questione è: quando accadrà e per mano di chi. Della cabina elettorale? Di un lento logoramento?

“E’ un partito non scalabile”, afferma poco prima Castelli alla stampa, riferendosi anche al fatto che non si scala qualcosa che non è più quello di prima. Ma la politica, si sa, non è l’arte dell’impossibile.

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Direttrice: Stefania Piazzo
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