di Stefania Piazzo – Non sono no vax. Sono alla terza dose, la prima è stata il Covid (inizio 2021) con polmonite interstiziale. Faccio questa debita premessa perché la notizia dei giorni scorsi sul Tar che ha bocciato la “vigile attesa” con i protocolli ufficiali, tachipirina e parenti annessi, era molto attesa.
Il mondo no vax ha accolto questa decisione dei giudici come una conferma che ci siano terapie migliori bocciate dalla farmacologia ufficiale. Io, invece, la vedo diversamente. Perché la vigile attesa, come è stata vissuta da me e da altre chissà quante centinaia di migliaia di malati Covid, si è tradotta piuttosto in uno stato di abbandono, di dimenticanza, di tolleranza, di sopportazione. Di non alzare il sedere e seguire i pazienti, di farsi carico, di prendersi cura in modo non burocratico della vita di esseri umani che hanno vissuto l’esperienza Covid come navicelle lanciate nello spazio senza il supporto dalla base terra. Il nulla, il distacco, la vigile attesa.
Nella prima ondata Covid la vigile attesa ha fatto spesso una brutta fine. Nel secondo inverno, qualcosa in più si sapeva e molti di noi si sono salvati solo perché alcuni farmaci avevano dimostrato di funzionare. Ma dalla tachipirina, spesso inutile e una perdita preziosa di tempo, ci siamo passati tutti. La modica dose crescente di farmaci, che rincorrono in ritardo gli effetti e il contagio, è stata la figlia primogenita della vigile attesa. Io la chiamerei indifferenza della sanità pubblica. Il Tar ha stabilito che i protocolli da soli non bastano a garantire nel medico la possibilità di seguire anche altre strade. Purché, bisogna precisare, non siano magie e superstizioni.
La vigile attesa non è fare il medico, è fare il politico, è fare quello che si scansa perché tanto non tocca a lui. E il paradosso è che il ricorso al Tar del Comitato per le cure domiciliari ha tra i firmatari anche il medico Riccardo Szumski, sul quale pesa la radiazione dall’Ordine per la sua posizione sui vaccini e contro la quale ha fatto ricorso. Definirla una nemesi storica o corsi e ricorsi della storia è troppo poco. Il medico trevigiano e sindaco di Santa Lucia di Piave, per il sistema è come un tarlo, un baco informatico. Ha fatto saltare il banco.
Io però invoco Dante e il suo contrappasso divino, che vorrei terreno. Facciamo vivere la vigile attesa col Covid, qualche giorno, senza gravi conseguenze, agli inventori di questo limbo a-terapeutico e a chi pensa che il Covid si vinca senza vaccini. Provino a cibarsi e nutrirsi di tachipirina o di bava di lumaca e a vedere se passa la bua mentre la polmonite in modo silente si è già presa i tuoi interstizi polmonari. Meglio Tar che mai…