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La “capsula del tempo” dell’uomo di Arcore. Si torna alla casella di partenza, al 1993. Ma quella Lega non c’è più

di Cuore Verde – Quando un uomo è un uomo d’affari, allora cerca di fare affari. Ha quindi clienti e concorrenti. Ha momenti di successo e momenti di insuccesso. Si arrischia in imprese spericolate. Guarda ai numeri a non ai criteri. Deve fare affari. Non può fidarsi troppo degli altri e sa che gli altri non si fidano troppo di lui. È un uomo d’affari e deve fare affari.Quando un uomo è un uomo politico, allora cerca di vincere. Ha sostenitori e oppositori. C’è chi lo esalta e chi non può sopportarlo. Un uomo politico è sempre un uomo di parte.Quando un uomo è un personaggio, allora è sempre in scena. Ha ammiratori e detrattori. Ha chi lo applaude e chi lo detesta. Silvio Berlusconi è stato certo un uomo politico, è stato certo un uomo d’affari, è stato certo un personaggio alla ribalta della notorietà.

(Mario Delpini, Arcivescovo di Milano – Omelia per Silvio Berlusconi – 14 giugno 2023)

L’arcivescovo Delpini, nella sua omelia in occasione delle esequie di Berlusconi, ha descritto perfettamente le contraddizioni del noto imprenditore di Arcore attraverso i suoi tre volti. Questi volti si sono spesso sovrapposti generando polemiche e controversie. Ma occorre andare oltre, come ha giustamente rilevato Delpini pur evidenziando egli stesso che Berlusconi è stato un elemento divisivo della società contemporanea incontrando  grandi consensi ma anche forti opposizioni. A me, tuttavia interessa rilevare gli effetti sociali e i riflessi antropologici scaturiti dal suo apparato di produzione “culturale”, le reti televisive, e dalla sua costante ed immanente partecipazione nelle vicende della politica italiana degli ultimi trent’anni.

Nel 1993, dopo la caduta del muro di Berlino, anche in Italia si prospettavano possibilità di svolte epocali. Dopo decenni di gestione partitica centralista, sulla spinta delle rivendicazioni della Lega Nord, per la crisi in atto, si intravedeva una soluzione federalista ed autonomista. La Lega Nord, alle elezioni amministrative di giugno, aveva clamorosamente conquistato la città di Milano con Marco Formentini. Successo ripetuto alle amministrative di dicembre dello stesso anno. Il sistema del partitismo romano era ad un passo dal tracollo. In quel momento, il vero pericolo per il sistema centralista era costituito dalla Lega Nord. Contestualmente allo scioglimento di fatto della Democrazia Cristiana, il 18 gennaio 1994, Berlusconi fonda Forza Italia. Più che un partito, uno slogan. Nelle elezioni del 27-28 marzo 1994, Forza Italia si afferma come il primo partito italiano con il 21%. Gli avvenimenti degli anni successivi sono ancora oggetto di accese discussioni e polemiche.    

Per me, semplicemente, l’entrata di Berlusconi nel mondo della politica attiva, corroborata dall’apparato mediatico costruito fin dall’inizio degli anni ’80, ha prodotto una specie di sospensione temporale, durata praticamente trent’anni, una immersione in un’atmosfera di nostalgia per gli anni precedenti alla caduta del muro di Berlino. I mitici anni ’80. Una bolla temporale nella quale si sono trovati racchiusi sia i suoi sostenitori che i suoi oppositori. In certi casi, infatti, anche l’oppositore, con la sua azione diretta di contrasto, involontariamente, convalida il contesto generale determinato dal suo avversario.

Berlusconi, il grande imprenditore mediatico, aveva effettivamente la possibilità di condizionare e determinare il contesto generale. Il “campo di battaglia”, secondo gli insegnamenti di Sun Tzu. Quando un grande imprenditore entra in politica, probabilmente, per forma mentis, continuerà ad operare, con le modalità del suo mondo. Intendiamoci, nei periodi di rapido sviluppo economico e sociale, imprenditori dotati di grandi capacità dimostrano una evidente utilità. Ma poi la politica deve saper introdurre apposite leggi anti-trust per evitare posizioni dominanti. In questo senso, purtroppo, la sinistra non ha voluto affrontare seriamente la questione dei conflitti di interesse.

Berlusconi è stato un punto di riferimento per la sua generazione. Il partito modellato “a sua immagine e somiglianza”, ha subito quindi inevitabilmente seguito l’ascesa, il successo e il declino del suo padrone. Ma ora resta solo l’uomo anche se, con rituali privi di significato, si cerca di evocarne lo spirito per ridare vita ad una organizzazione che, senza di lui, non ha alcun senso.  

Per me, Berlusconi, il politico, ha fallito. Si è ritrovato, alla fine, a fare da gregario ai suoi cosiddetti “alleati” pur con il suo immenso potere.  Berlusconi, troppo preso da se stesso, non ha mai voluto formare una vera classe politica dirigente per il suo partito. Non c’è mai stata veramente l’idea di perseguire la declamata “rivoluzione liberale”. E’ chiaro che invece l’entrata in politica di Berlusconi, contestuale al crollo della DC, ha di fatto  congelato il cambiamento del sistema politico che, per quanto attuato con strumenti impropri come le inchieste giudiziarie, era certamente in atto nei primi anni ’90. In quel momento, il vero nemico del sistema politico era la Lega Nord. Per combatterla andava bene anche l’MSI con opportuno cambio di denominazione. Bossi, dopo alterne vicende di scontri ed alleanze, si ritrovò poi anche lui a passeggiare in canottiera nel parco della villa di Arcore. La Lega fu quindi ricondotta all’ovile romano. Forza Italia, in sostanza, significava “no alla Padania”. 

In realtà, come evidenziano con rammarico in questi giorni alcuni ex-democristiani, Berlusconi un obiettivo politico, in effetti, lo ha pienamente raggiunto: l’annullamento del “centro”, ovvero, delle forze moderate e laiche, con la contestuale legittimazione politica dei “patrioti” ai quali si è accodata una Lega “con vista ponte sullo stretto” formando un inedito asse tricolore. Altroché, combattere i “comunisti”. Il “centro” è stato letteralmente polverizzato in favore dell’affermazione di una destra nazionalista che poi, nel tempo, ha fagocitato il consenso di Forza Italia.  

Berlusconi ha bloccato, nel suo mondo nostalgico degli anni ’80, la politica e i cittadini italiani per trent’anni. Ora, dopo la sua “uscita di scena”, forse, si potranno riaprire antichi e nuovi dibattiti per raggiungere una vera autonomia delle regioni padane. Come nel gioco dell’oca, sembra di essere tornati alla casella di partenza. Tuttavia, la Lega del ’93, quella che si prefiggeva l’indipendenza della Padania, purtroppo, non esiste più. 

Bisognerà pertanto comprendere quali saranno le mosse politiche a breve termine. Probabilmente, Salvini valuterà l’opportunità di una “guerra interna” nei confronti della Meloni che, preventivamente, si sta già trincerando in Europa. Forza Italia, cercherà con difficoltà una forma di gestione ordinaria, una specie di liquidazione volontaria, per garantire il sostegno al governo. Auspico che non ci sia spazio per nessun “post-berlusconismo”, ovvero, la continuazione con altri mezzi del “berlusconismo”. Il 60% dei lombardi alle ultime elezioni regionali non è andato a votare. In questa immensa prateria dell’astensionismo ci sarà pur spazio per una rinascita padana superando nostalgie, ipnosi collettive e altri blocchi mentali. Dobbiamo uscire dalla “capsula del tempo” degli anni ’80 dell’uomo di Arcore.  Per una prospettiva di rinascita.  

Redazione

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