Dal Capo al Capitano 1/ – Quei 150 anni dell’Unità disertati da Matteo. E chi lo contestava col tricolore era un “fascista”

12 Settembre 2020
Lettura 3 min

di STEFANIA PIAZZO – Cronache dal pianeta Marte. Roma, 2 giugno 2019, Salvini con le frecce tricolori sullo sfondo e il grido patriottico  “A difesa dell’Italia”, il giorno della festa della Repubblica. Milano, 17 marzo 2011 Matteo Salvini e la Lega disertano (non prima di aver votato contro in Parlamento) le celebrazioni per l’unità d’Italia. Si legge dalle cronache di quei giorni che da capogruppo a Palazzo Martino, Salvini porta nei pressi della galleria Vittorio Emanuele le sue scrivanie. Testualmente riportano i giornali:

“A Milano, il capogruppo leghista Matteo Salvini piazza le scrivanie fuori dal municipio per dimostrare di essere al lavoro. Uffici aperti per i primi cittadini veneti del Carroccio. E in aula a Montecitorio, solo in sei ad ascoltare Napolitano (quattro dei quali membri del governo), senza applaudirlo mai: come annunciato, e con addosso gli occhi di tutti, la Lega boicotta il 17 marzo, ma le provocazioni non sempre risultano gradite e attirano fischi e contestazioni anche al nord. E qualcuno, a sorpresa, anche in casa della Lega decide di onorare la festività”.

C’è un filmato che documenta la presa di posizione antiunitaria e patriottica di Salvini in centro a Milano. Per contestarlo, diversi cittadini portano il tricolore, quello che oggi lui ha riesumato e trasformato in successo elettorale.

E si legge ancora… “Ma l’episodio simbolo del voltaspalle leghista al 150enario sono le celebrazioni nell’aula di Montecitorio, stracolma dei rappresentanti dei due rami del Parlamento. Il Carroccio era rappresentato da tre ministri – Umberto Bossi, Roberto Maroni e Roberto Calderoli -, un sottosegretario e un solo parlamentare. Tutto qui. Bossi ha tentato di smorzare le polemiche: “Ci sono io”, risponde ai cronisti, poi elogia il discorso di Napolitano. Ma anche sui banchi del governo, durante l’esecuzione dell’Inno, il Senatur non canta e cerca di parlare con i vicini con aria visibilmente seccata”.

“A Milano la provocazione di Salvini non è piaciuta e i leghisti riuniti simbolicamente “a lavorare” in piazza della Scala, in polemica con le celebrazioni per l’unità d’Italia, sono stati costretti a sloggiare: il loro banchetto è stato rimosso dalle forze dell’ordine per motivi di ordine pubblico. L’iniziativa promossa dagli esponenti del Carroccio, non è stata gradita dai milanesi, che non hanno apprezzato neppure l’idea di distribuire ai passanti bandiere con la croce di San Giorgio, simbolo di Milano divenuto una delle icone del Carroccio. Diversi cittadini di passaggio in piazza della Scala hanno bersagliato i leghisti con rumorosi “vergogna”, altri hanno rilanciato con slogan come “Viva l’Italia”, qualcuno ha anche azzardato: “Fuori la lega dallo stato”.

Avrebbero mai immaginato ora di trovare in Salvini il loro leader?

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Altrettanto si può dire nel Veneto autonomista… “Per i sindaci veneti della Lega oggi è stata una normale giornata di lavoro. A Treviso la cerimonia dell’alzabandiera in Piazza Vittoria è stata presieduta dal prosindaco Gentilini, della Lega, anzichè dal sindaco Gobbo, anche lui del Carroccio. Non era presente il presidente della provincia, Leonardo Muraro, Lega Nord, pure lui al lavoro, sostituito dal suo vice Zambon, del Pdl. Negli uffici municipali, di buon ora erano già all’opera i sindaci leghisti di Vittorio Veneto, Cittadella, Thiene”.

A Torino va in scena lo stesso film.

“All’alzabandiera in piazza Castello a Torino, tra le autorità, accanto al sindaco Sergio Chiamparino, c’erano il prefetto Alberto Di Pace e il presidente della provincia Antonio Saitta, ma non Roberto Cota, presidente della regione Piemonte, nè altri esponenti della Lega. Neppure Tizia Sala, sindaco leghista di Cantù, nel comasco, ha partecipato alla deposizione di una corona di fiori sotto il balcone della casa in cui soggiornò Garibaldi, ma è stata accolta da grida e fischi di disapprovazione. Insulti e gravi minacce sono arrivati anche a Giovanni Malanchini, primo cittadino della Lega Nord di Spirano (Bergamo), per aver tenuto aperto il municipio oggi”.

“Non sono mancate, però, voci fuori dal coro e ripensamenti. Il sindaco di Lesmo, Marco Desiderati, dopo aver annunciato nei giorni scorsi che il tricolore oggi sarebbe rimasto chiuso in un cassetto, lo ha esposto invece sul pennone del Comune, onorando la ricorrenza. Comune a festa anche a Varese, come ha confermato lo stesso primo cittadino Attilio Fontana, che si è presentato in tricolore alla cerimonia dell’alzabandiera. Ha fatto notizia anche la scelta di Luca Zaia, governatore del Veneto, che sopra il fazzoletto verde, in un evento all’università di Padova, ha mostrato la coccarda tricolore. “Sembra che tutti i problemi dell’Italia si risolvono col fatto che io mi metta o meno la coccarda tricolore”, ha detto con una battuta”.

C’era insomma una volta la Lega che al governo votata anche contro i provvedimenti degli alleati. Quando il Consiglio dei ministri istituisce il giorno festivo per i 150 anni dell’unificazione nazionale,  i ministri del Carroccio si chiamano fuori: Maroni assente, Bossi e Calderoli non votano. Spiegava Roberto Calderoli: “Fare un decreto legge per istituire la festività del 17 marzo, un decreto legge privo di copertura (traslare come copertura gli effetti del 4 di novembre, infatti, rappresenta soltanto un pannicello caldo e non a caso mancava la relazione tecnica obbligatoria prevista dalla legge di contabilità), in un Paese che ha il primo debito pubblico europeo e il terzo a livello mondiale e in più farlo in un momento di crisi economica internazionale è pura follia. Ed è anche incostituzionale”.

A proposito, che aveva detto Salvini in merito alla contestazione? Aveva commentato a Radio Padania l’episodio: «Ci hanno contestati 30 pirla, squadristi e fascisti, ma la Lega ne ha viste tante…». E ha aggiunto: «Mi fa tristezza che qualcuno, usando il tricolore come un’arma, decida chi può parlare e chi no. Prima che intervenissero i contestatori  avevamo raccolto decine di segnalazioni, a dimostrazione che i milanesi per bene avevano capito che la nostra era un’iniziativa utile per loro».

Insomma, quando i fascisti sono gli altri.  Quelli che contestano col tricolore in mano.

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Direttrice: Stefania Piazzo
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