di Cuore Verde – Elezione diretta del Presidente della Repubblica. Obiettivo politico e ideologico dei “patrioti” esplicitamente previsto dall’”Accordo quadro di programma per un Governo di centrodestra” per le elezioni politiche del 2022. La sinistra, politicamente atrofizzata, si limita a preconizzare una “deriva” autoritaria se non addirittura “fascista”.
Il dibattito politico sembra confusamente orientato verso una trattativa “romana” riguardo ad una vaga idea di (semi)presidenzialismo “alla francese”. In questo senso, si continua a perseverare nell’errore storico che si perpetua fin dal cosiddetto “risorgimento”: ispirarsi ad un sistema politico e culturale, quello francese, appunto, basato su una plurisecolare tradizione centralista ed accentratrice del potere decisionale.
Una visione politica in netto contrasto con la realtà storica e regionale “italiana” e, in particolare, con quella policentrica della Padania. Una riforma centralista come quella “presidenziale” dovrebbe essere bilanciata da una forte autonomia politica e amministrativa dei territori.
Il modello a cui ispirarsi, quello tedesco: una federazione di “stati-regione” e “città-stato”. In realtà, in questo momento, nessun partito “italiano”, compresa la Lega tricolore di Salvini, può intestarsi la battaglia federalista. I “patrioti” centralisti e presidenzialisti non si contrastano con inutili lezioni di morale politica come quelle offerte dalla sinistra il cui l’unico obiettivo è mantenere lo status quo ma valutando l’opportunità di realizzare delle regioni nuove, delle regioni diverse, più grandi e più forti rispetto alle attuali regioni amministrative previste dalla Costituzione che vediamo disegnate sulla carta geografica.
Realizzare delle “aree forti”, con una grossa capacità di concentrare risorse e di programmare il proprio sviluppo su dimensioni continentali. II maggiore fraintendimento nel dibattito politico sulle “autonomie”, infatti, è quello di considerare immutabili le regioni previste dalla Costituzione. In sostanza, con qualche aggiunta successiva, i compartimenti e le regioni “inventate” da Pietro Maestri (1864) e Alfeo Pozzi (1870) per mere ragioni statistiche.
Ecco quindi la conseguente necessità di rivalutare seriamente i noti progetti macro-regionali: la “super-regione della Padania” di Guido Fanti (1975), gli accorpamenti regionali proposti dalla Fondazione Agnelli nel 1992 e le tre Repubbliche di Gianfranco Miglio.
Milano, Genova, Venezia, Torino e Bologna non sono in grado di governarsi come le grandi città europee?