Categorie: Opinioni

Il crollo dell’Svp, alleata dei centralisti e il siciliano De Luca, al Nord a dire: “Per avere un candidato autonomista deve venire uno dalla Sicilia? Ma non vi vergognate?”

di Luigi Basso – Gli ultimi articoli di Roberto Gremmo pubblicati su La Nuova Padania affrontano due temi fondamentali posti dalle recenti elezioni provinciali in Trentino Alto Adige e dalle suppletive di Monza: ovvero l’esportabilità del caso sudtirolese al resto della penisola e quale traiettoria imprimere al tentativo politico dell’autonomista siciliano Cateno De Luca.


Entrambe le analisi gremmiane ci trovano perfettamente d’accordo nella sintesi finale e vorremmo cogliere lo spunto dell’autonomista piemonteis per ulteriori analisi.


Le ragioni della sconfitta della SVP che, pur rimanendo ampiamente il primo partito del Sud Tirolo, continua a perdere inesorabilmente consensi, sembrano annidarsi nell’alleanza strategica che da anni è stata stretta con partiti del centrodestra nazionale centralista.


Tale convinzione è suffragata dal fatto che i voti persi dalla SVP non si sono sparpagliati, ma si sono indirizzati verso partiti identitari e radicali sudtirolesi, e questo travaso di voti sta lì proprio a dimostrare che l’alleanza con partiti centralisti è stata percepita come il cedimento della SVP sul fronte di battaglia dell’autonomia e non trova il consenso di sempre più larghi strati del suo elettorato.


Oggi addirittura questa linea politica sembra poter portare all’incredibile (solo due anni fa) abbraccio con i Fratelli d’Italia, partito visto come il fumo negli occhi dalla maggioranza dell’elettorato sudtirolese, una vera e propria bestia nera in tutti i sensi.


Oltretutto questo ulteriore cedimento avverrebbe per mettere su una maggioranza, nella migliore delle ipotesi, risicatissima, che verrà giù alla prima curva: ne vale la pena?
Errare humanum est, perserverare diabolicum… A parte il problema della governabilità, il nocciolo della questione è politico: se la SVP proseguirà su questa strada, non vi sono dubbi che l’emorragia di voti continuerà.


Vista dall’esterno, questa spirale maligna, sembra ispirata dalla volontà di mettere al riparo il tenore di vita della Provincia da incursioni italianiste.
Il fine giustifica i mezzi?
Non pare, poiché la rinuncia a far valere i propri diritti per difendere i privilegi, non è mai una buona idea, poiché i diritti si conquistano, mentre i privilegi sono concessi, e la differenza era ben nota ai padri della SVP.


La vicenda sudtirolese non è però esportabile nel resto della penisola proprio per le sue peculiarità linguistiche, culturali, storiche: in quelle terre la dialettica è tra centralismo ed autonomismo identitario, avanti anni luce rispetto alle arretrate discussioni che si registrano nelle altre regioni, ancora sedotte dalla sempre più labile distinzione tra destra e sinistra.


Uno scossone in tal senso è arrivato dalla incursione brianzola del siciliano De Luca, arrivato dal Sud per dare una svegliata ai “noddici”, sempre più rimbambiti ed istupiditi.


I lombardi, che storicamente non sono mai stati indipendenti, a differenza di liguri e veneziani, per esempio, non hanno capito molto di quello che è successo preferendo al candidato meridionale, nell’ordine, Galliani e Cappato, cioè due rappresentanti di quella classe dirigente che li ha portati, sebbene in modi diversi, nel disastro economico e sociale.


La candidatura di De Luca non era ovviamente finalizzata a conquistare il seggio senatoriale vacante mortis causa, ma quella di mettere un paletto con due significati ed occupare uno spazio che gli autonomisti hanno lasciato vuoto dopo il voltafaccia leghista di ormai dieci anni fa (una botta che ancora oggi ha intontito e tramortito molti autonomisti, come dimostra da un lato il fatto che molti di questi sparlano sempre di Salvini, un po’ come fa il marito cornuto che non smette di parlare della ex moglie con gli amici, dimostrando solo il proprio astio e dall’altro lato il fatto che in alcuni ambienti Bossi è ancora chiamato il Capo come se non fosse lui, ma il suo sosia, a sedere da dieci anni in parlamento con il predetto Salvini).


De Luca ha voluto innanzitutto dire agli autonomisti del Nord: ma per avere un candidato autonomista deve venire uno dalla Sicilia? Ma non vi vergognate?


In secondo luogo, ha voluto chiamare a raccolta gli autonomisti attorno alla sua figura carismatica, una sorta di catalizzatore, un Papa straniero che, proprio per essere estraneo alle decennali beghe tra autonomisti, potrebbe riuscire nell’impresa di riportare alle Europee del 2024 una lista autonomista e federalista come fece Salvadori quasi mezzo secolo fa.


I liguri si sono scapicollati a Monza per dare la propria disponibilità, Grande Nord ha appoggiato De Luca alle suppletive. Un inizio che non è la metà dell’opera, ma che fa almeno sperare.

Luigi Basso

Luigi Basso - Avvocato civilista

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