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IL PARTITO POPOLARE DEL NORD E I VOTI IN FRIGORIFERO DEGLI AUTONOMISTI

di Raffaele Piccoli – Alla Camera dei deputati il 7 marzo Roberto Castelli ha presentato ufficialmente la candidatura del neonato Partito Popolare del Nord alle elezioni europee del prossimo Giugno.

Al di la della notizia, di per sè importante, ci sono due  elementi che la rendono interessante. Il programma elettorale e  l’alleanza con Sud chiama Nord, movimento a trazione meridionale guidato da  Cateno De Luca, sindaco di Taormina.

A tre mesi  dalle consultazioni per il parlamento europeo, diventa oggettivamente impossibile azzardare qualsiasi previsione, come diventa difficile prevedere se l’alleanza potrà avere o meno un futuro politico ed elettorale.

 Oltre all’attuale convergenza, il lavoro di Castelli presenta aspetti positivi per diverse motivazioni.

In primo luogo il programma.

In esso, si pone l’attenzione su numerosi elementi che interessano l’autonomismo. Si va dall’analisi oggettiva sul  fallimento del percorso della Lega, ai caotici mutamenti geopolitici degli ultimi 30 anni che hanno portato sia  alla globalizzazione selvaggia, sia al  mutamento del potere decisionale centralista che si è trasferito in larga parte da Roma a Bruxelles, senza cambiare pelle.

L’elemento in ogni caso più importante, riguarda la riflessione  circa la necessità di modificare l’assetto istituzionale dello Stato Italiano. Si sottolinea   come un  cambiamento di tale portata non può prescindere dalla creazione delle macroregioni. Il percorso viene individuato, a costituzione invariata.

L’articolo 117 (ottavo comma) della carta prevede la possibilità di intese tra regioni, con  approvazione della sola legge regionale, tralasciando in tal modo l’assenso delle Camere.  Questo dato è di vitale importanza, in quanto escludendo il ricorso al parlamento nazionale, e ad una legge costituzionale,  si evita il rischio dei veti incrociati e del referendum abrogativo (cosa peraltro prevista dall’art. 132 che riguarda  la fusione tra regioni). 

Sul punto non sfugge la necessità di una indispensabile  volontà politica per raggiungere l’obiettivo, ci si deve però anche chiedere per quale motivo le Regioni Padane per anni guidate dalla Lega non abbiano mai preso in considerazione l’opportunità prevista dal citato art. 117.  Oltretutto la Lega  si sta spendendo in questa legislatura, per l’autonomia differenziata, progetto di dubbia  utilità e fattibilità.

Altro elemento  di per sè coraggioso, è l’alleanza con il Movimento di Sud chiama Nord.

Non è necessario ricordare i ripetuti fallimenti  che nel corso degli ultimi 30 anni ha subito la Lega nel tentativo di sbarcare a sud della Toscana. Come già detto è difficile prevedere se sarà  una semplice alleanza elettorale o una convergenza strutturale tra movimenti autonomisti, tutto dipenderà dai risultati.

Gli interessi che guidano i due movimenti sono oggettivamente lontani, in quanto originati da territori tra loro culturalmente, socialmente ed economicamente profondamente diversi, non dimenticando però che la Sicilia ha importanti tradizioni autonomiste.   In una futura ottica  federalista non è scontato il vantaggio di una contrapposizione tra Nord e Sud  rispetto ad una collaborazione  tra le due parti del paese, pur preservando la necessità dell’esistenza di un movimento che sia sindacato del Nord.

Questi i fatti, questo è quello che oggi viene finalmente proposto al fine di scongelare una situazione politica ed elettorale che sembrava, con l’operazione Salvini, ormai definitivamente compromessa. 

Quanti sono oggi i voti autonomisti  nel frigorifero dell’astensione?  Voti fermi congelati, alla ricerca di un  soggetto politico in grado di dare un senso alla scelta elettorale del cittadino.  Alla domanda è difficile dare una risposta convincente,  sono sicuramente molti forse moltissimi.  Tutti i tentativi seri e credibili che nascono per intercettare questo bottino devono essere sostenuti con forza.

Redazione

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