Ci raggiunge con un messaggio, l’onorevole Maria Chiara Gadda. La conosciamo determinata. Caparbia, di parola. E’ una parlamentare che produce fatti e ama il suo territorio. Ci piace seguirla proprio per questa sua coerenza. In politica e nella vita. Perché portare a termine una maratona è qualcosa di unico e irripetibile. Come fare politica con la testa.
Ecco, sui social scrive la sua fantastica esperienza a New York. Chi fa sport, e chi ha fatto almeno una maratona sa cosa significhi tagliare un traguardo che ti vede in lotta con te stesso dal primo chilometro fino all’ultimo. Bravissima, Chiara! Oggi la notizia è questa: credere in ciò che si vuole raggiungere. Un abbraccio dalla direzione e da tutta la redazione de la nuova Padania!
Dal profilo social di Maria Chiara Gadda
Ci ho creduto e alla fine sono riuscita a tagliare il traguardo della Maratona di #NewYork. È stata prima di tutto una sfida con me stessa, una prova fisica (non sono nemmeno una grande sportiva…) ma soprattutto di testa quando il dolore inizia a farsi sentire. 42 km (più altri 3 per tornare alla base). Sei solo nella prova, ma è una esperienza indimenticabile affrontare il percorso con tanti compagni di viaggio e una città intera che ti sprona ad ogni angolo. Attraversare i quartieri così diversi di questa città meravigliosa e multietnica è un vero viaggio. Questo evento è per le famiglie un momento di festa, nei quartieri latini musica e grigliate, i canti gospel fuori dalle chiese, gli anziani seduti sulle carrozzine a guardare, i bambini che offrivano caramelle (devo ammettere che mi hanno salvato quando ero in calo di zuccheri). Partenza dal ponte di Verrazzano, Staten Island, Brooklyn, Queens, Bronx, Manhattan, e il traguardo a Central Park. Fino alla fine, c’erano famiglie al freddo a supportare anche chi come me ha tagliato il traguardo dopo 7:44:16 ore. Oltre 55mila persone alla partenza, da ogni parte del mondo, 2368 italiani la seconda comunità più numerosa. E a giudicare dal tifo, gli italiani sono davvero amati qui negli USA. C’erano gli atleti professionisti, persone con disabilità, ma anche tantissimi che correvano per una causa sociale o per una associazione di volontariato, per un figlio venuto a mancare, per avere combattuto il cancro, padri e figli, ultra settantenni. Insomma, una esperienza di vita che mi rimarrà nel cuore. E poi il giorno dopo camminare come da tradizione per la città con la medaglia al collo, è una emozione e come dicono loro “I’m proud of you, you did it”.
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