Categorie: Cultura

Liceo del made in Italy, la scuola ridotta a slogan

di Gigi Cabrino – Sta destando perplessità la scelta del governo di iniziare col prossimo anno scolastico il nuovo indirizzo di studio denominato “made in Italy”.
Il nuovo indirizzo andrebbe a sostituire l’indirizzo economico attivato nei licei delle scienze umane.
È difficile individuare in maniera unitaria ed uniforme il made in Italy, varia da produzioni particolari di un territorio ad altre completamente differenti a pochi chilometri di distanza.
Inoltre ci si chiede, a ragione, se la scuola del made in Italy non sia già ben rappresentata dalla pluralità di istituti tecnici, industriali, agrari, turistici che, sotto la direzione di dirigenti lungimiranti, già da anni attivano collaborazioni e scambi con le realtà culturali, sociali, produttive ed industriali dei territori in cui operano.


Le parole della segretaria di CISL scuola Barbacci sono indicative di un malessere diffuso nel mondo della scuola per come la questione viene affrontata.
“Abbiamo sempre avuto, come CISL Scuola, più d’una perplessità sull’istituzione di un nuovo percorso scolastico, il liceo del made in Italy, che attraverso la definizione “forzosa” di un profilo ci sembra rispondere più a un’operazione di immagine che a un effettivo e specifico fabbisogno formativo.
Perplessità che abbiamo avuto modo di esprimere direttamente alla relatrice del provvedimento, la sen. Bucalo, in un dibattito organizzato lo scorso mese di giugno insieme alla Scuola di Economia Civile sul futuro del liceo economico e sociale.


La promozione e la valorizzazione del made in Italy, sostenevamo allora, non si ricollega a uno specifico ambito formativo e produttivo, difficile peraltro da individuare, ma dev’essere missione condivisa da tutte le attività formative riconducibili a produzioni che esprimono, a vario titolo, l’eccellenza dei marchi italiani“.


Per restare nel nostro Piemonte made in Italy è il vino del Monferrato, il riso della piana, il polo logistico di Alessandria, il distretto dell’ oro valenzano , quello della rubinetteria nel Cusio, l’industria legata all’ automotive nel torinese, il settore dell’ industria del freddo casalese, l’enogastronomia delle Langhe; si potrebbe continuare per ore.
Tutto molto vario e difficilmente riconducibile ad un unico settore da “ridurre” ad un unico percorso scolastico.


Specialmente se pensiamo che in tutti questi territori le scuole operano già in sinergia con le realtà produttive locali e se consideriamo la vasta gamma di ITS regionali che offrono una preparazione post diploma calibrata sulle esigenze dell’ economia specifica di un territorio.
Speriamo che la scuola non debba essere ridotta ad uno slogan.

Credit foto michele-bitetto-jf5SQVEKSFw-unsplash-scaled.jpg

Stefania Piazzo

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