Categorie: Cultura

Il  ’68 Italiano, diverso da tutti gli altri e figlio della Chiesa

di Sergio Bianchini – Nel corso dei 56 anni ormai trascorsi dall’inizio del ’68 mondiale e italiano ho seguito innumerevoli dibattiti sulla natura del grandioso fenomeno che scosse tutto il mondo ricco.

In ciascuno dei dibattiti veniva sottolineato un aspetto rilevante dell’uragano culturale che la mia generazione ricorda bene. L’antiimperialismo(guerra del Vietnam), l’antimilitarismo generale, il pacifismo, l’egualitarismo, l’antiautoritarismo e l’anticapitalismo.

Rarissimamente ho sentito nominare il liberismo sessuale oggi assolutamente preponderante che invece operava profondamente, ma tacitamente, nei comportamenti dei milioni di giovani mobilitati sotto le bandiere politiche.

Il ’68 in Francia, dove era cominciato col maggio francese, finì presto e così in Germania coll’estinzione della banda terroristica Baader Meinhof.

In Italia invece il sessantottismo durò almeno 10 anni con gli sviluppi successivi alle bombe di Piazza Fontana del “69  e con la conclusione sostanziale nell’uccisione di Moro del “78.

Milano fu il centro del sessantottismo italiano. E proprio a Milano fu evidente la preponderanza cattolica nel lancio iniziale e nel sostegno al movimento.

Non fu il cattolicesimo allora dominante ma quello alternativo oggi al potere che però si mise in marcia apertamente proprio allora generando una vera e propria guerra all’interno della chiesa cattolica

La prima università occupata dagli studenti a Milano fu proprio la Cattolica dove il dirigente massimo dei “contestatori” era Capanna, inviato a Milano dal suo vescovo di Città di Castello in Umbria.

Il cattolicesimo centro meridionale da tempo era in contrasto con quello del nord che pur produceva papi famosi. Lo scontro tra il frate di Pietrelcina, allora semplice padre Pio ma oggi santo, descrive molto bene la differenza abissale tra la religiosità nordica e quella meridionale. Secondo il fondatore della cattolica Gemelli, frate Pio era uno psicopatico da curare.

Secondo Don Milani il prete famosissimo di Barbiana la chiesa non andava abbastanza contro la gestione elitaria della scuola ed il suo vescovo lo punì inviandolo proprio a Barbiana dove costruì il suo modello.

Ebbene Capanna fu espulso dalla Cattolica ed atterrò alla Statale di via Festa del Perdono dove divenne uno dei tre o quattro massimi dirigenti.

La seconda università occupata dagli studenti a Milano fu la parte scientifica della Statale, a Città Studi. Anche lì, dove io ero iscritto e poi un po’ protagonista, tutto iniziò con la lotta all’autoritarismo ma le guide erano quasi tutte provenienti dalle associazioni cattoliche. I comunisti erano visti come estranei e sostanzialmente conservatori rispetto al modello organizzativo assemblearistico.

In via Festa del perdono invece prevaleva, sempre sopra lo zoccolo assemblearista antiautoritario, la filosofia marxista e veterocomunista che però si collocava a distanza rispetto all’URSS e simpatizzava per le guardie rosse cinesi.

La costellazione di gruppuscoli, fortissimi nelle Università e nelle scuole ma pochissimo influenti nelle urne politiche dove in sostanza portavano acqua al PCI, fu tuttavia accolta bonariamente nella società per ragioni diverse e a volte opposte, dal sostegno ambiguo del PCI che nelle assemblee era considerato conservatore, al sostegno cattolico che in fondo apprezzava la carica ideale dei giovani studenti.

Durante l’occupazione di Fisica a Città Studi mi trovai a presiedere un gruppo di studio su Scuola e Società. In due mezze giornate stabilimmo che la nostra scuola era fatta male, era classista, e il libro di Don Milani che discutemmo con le sue statistiche ce ne dava la prova. Il libro me lo trovai in mano fornitomi sempre da quei cattolici di cui ho parlato sopra, Comunque lo usai come potente arma morale sia per neutralizzare gli avversari sia per procurare sostegni anche se devo ammettere di averlo capito davvero solo molti anni dopo.

La prima riunione solenne di riflessione del “comitato di agitazione” di città studi guarda caso avvenne nel monastero bergamasco di Padre Turoldo che ci ospitò per alcuni giorni gratuitamente. Si, diceva il padre, imponente nella sua statura e nella grande fascia nera addominale, la rivoluzione ci vuole, ma non adesso.

Proprio questa era la posizione ambigua della chiesa che mi fece reagire e polemizzare con Padre Turoldo. Ma la grande maggioranza del comitato lo stimava molto.

“Bisogna fare la rivoluzione ma non ora” era la contraddizione di tutto il fiammeggiante sistema Milanese che influenzava tutte le università italiane i cui esponenti “contestatori” confluivano a Milano da tutte le parti. Curcio da Trento, Negri da Padova, Viale da Torino, Piperno da Cosenza, Scalzone da Roma, Sofri dalla Toscana, Motosi da Genova.

Ma tutti i gruppi non riuscirono ad unirsi ed anzi nacque una conflittualità generale con scontri violentissimi anche fisici.

Alla fine fallì anche il tentativo di creare un nuovo partito politico, Democrazia Proletaria, che scomparve miseramente alle prime elezioni.

I rivoluzionari extraparlamentari irriducibili produssero invece il terrorismo di sinistra con tutte le vicende ormai iper-conosciute esclusi gli intrecci voluti o subiti con le agenzie di intelligence americane e sovietiche .

Ma mentre il nord non riusciva a generare un rivoluzionarismo di massa con programmi espliciti, il centro sud marciava verso una alleanza tra PCI e DC che si concluse temporaneamente  sbattendo contro il sequestro di Moro a cui gli USA avevano predetto gravi conseguenze per la sua linea di intesa col PCI.

La guerra fredda era al culmine e gli USA non tolleravano un PCI filosovietico. Lo accettarono invece dopo l’apostasia, la dichiarazione di Berlinguer che preferiva la NATO al Patto di Varsavia. L’apostasia generò un governo cattocomunista con D’Alema e poi Prodi al centro ed un Berlusconi alternativo ma sempre sotto schiaffo morale oltre che politico.

Di tutto il ’68 rimane ormai solo il lato meno citato e cioè quello della rivoluzione sessuale, anch’esso blandito ormai dalla Chiesa, un generico interesse agli “ultimi” che però ai tempi erano l’ 80% della popolazione e non il 10% dell’ultimismo attuale in gran parte depistante, ed un pacifismo che solo la Chiesa sembra sostenere nelle condizioni di oggi.

credit foto edwin-andrade-4V1dC_eoCwg-unsplash

Stefania Piazzo

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