I gioielli veneziani degli Inuit

13 Febbraio 2021
Lettura 1 min

di Marcus Dardi – Dopo i Vichinghi anche gli Inuit mettono in discussione il primato genovese della scoperta dell’America di Cristoforo Colombo.

Uno studio dell’università dell’Alaska, pubblicato sulla rivista “American Antiquity”, ha rivelato al mondo una straordinaria scoperta avvenuta in un villaggio Inuit a Punyk Point, tra i monti della Brooks Range, a nord dell’Alaska.

In quella fredda, sperduta e inaccessibile località sono state scoperte 10 perle di vetro provenienti dalle fornaci di Murano.

Sin dagli anni 50, in quella zona di tundra dove gli inuit praticano da sempre la caccia ai caribù e la pesca alle trote, gli archeologi cercano e trovano perle di vetro.

L’analisi al radiocarbonio di quest’ultima scoperta fa datare queste perle agli inizi del 1400, quasi un secolo prima del viaggio di Colombo.

Gli archeologi suppongono quindi che questi manufatti veneziani, dopo aver percorso la via della seta sono arrivati in Siberia e da lì degli Inuit li hanno portati in Alaska, in kayak, attraverso lo stretto di Bering.

80 chilometri di stretto sono tanti, ma quando il mare ghiaccia, il percorso da fare in kayak si riduce notevolmente.

Gli scambi commerciali tra la Siberia e l’Alaska sono stati studiati da lungo tempo e quest’ultima scoperta non fa che aggiungere ulteriori conferme a una mondializzazione antica come l’uomo.

Le perle di Punyk Point sono tutte di color turchese, sono grosse come un mirtillo e presentano tutte un foro al centro. Non è difficile pensare che erano la collana di qualche antica donna inuit.

Prima dell’arrivo di Colombo alla Bahamas nel 1492, dall’altra parte del continente americano, vicini alla Siberia l’arte veneziana era già arrivata, in sordina, in punta di piedi per far risplendere di bellezza il freddo Nord.

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