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Ha più potere la burocrazia o la Costituzione?

di Marcus Dardi – Nel 2020 non c’è nulla di più antipatico, di odioso, di orticante e di ostacolante della burocrazia.

Sebbene la sua definizione classica la indica come uno strumento per assicurare imparzialità, razionalità e impersonalità per il raggiungimento di un fine utile, la percezione popolare, a causa del pessimo uso fattone dagli Stati, la rende un drago rosso dalle sette teste e dieci corna di apocalissiana memoria.

L’etimologia della parola è un misto tra l’espressione francese “bureau” (ufficio) e l’espressione greca “kratos” (potere). Quindi il suo significato, centratissimo, è “il potere dell’ufficio”.

Da dove nasce?

Un primo sistema amministrativo fatto da diversi uffici e basato su procedure comuni e standard risale al I secolo d.C. a firma dell’imperatore Claudio.

Prima era il governo reggente, il Senato, a fare tutto. La creazione di un “corpus di funzionari” introdusse questo elemento intermedio tra potere e la società romana: fu una vera e propria rivoluzione di pensiero.

Questo corpus creò immediatamente corruzione, arbitrio, intrallazzi, favoritismi e persino gravi crimini. Partì subito “bene”, altro che rettitudine.

Nell’impero bizantino questo nuovo “corpus” creava leggi, cavilli, procedure e norme sempre più arzigogolate, complicate e noiose per accrescere il suo potere che, come conseguenza, fece aumentare la corruzione. Ecco da dove nasce il termine “bizantino” inteso come sinonimo di “complicato e astruso”.

Questo male si insidiò in tutto il mondo conosciuto: ci sono tracce di burocrati tremendi e odiosi nella Cina dei Ming (1500) e nell’impero ottomano.

In epoca moderna, con l’avvento degli Stati Nazionali nel XIX secolo, la burocrazia si impose rivestendo un ruolo di primo piano. Napoleone Bonaparte ne fu un gran sostenitore. La percezione della burocrazia, al tempo post rivoluzione francese, era considerata e percepita anche come qualcosa di positivo.

In Francia i funzionari svolgevano un lavoro di definizione di procedure uniformi ed ugualitarie, i funzionari non potevano essere licenziati se sgraditi ai superiori, non erano proprietari dei mezzi di produzione e affidavano alla legge il potere di regolamentazione.

Napoleone riuscì a creare un apparato burocratico snello e ben funzionante basato sul lavoro di prefetti. Casa Savoia cercò di imitarlo ma non ci riuscì del tutto.

In Germania a partire dal XVIII vigeva la legge sul “funzionariato” per regolare le norme degli impiegati al servizio dello Stato.

Nel Regno Unito a metà del XIX secolo per togliere il potere clientelare e ricco di nepotismo dei notabili fu creato il sistema “Whitehall” fondato su una classe di funzionari neutrali e apolitici. Gli USA presero spunto da questo modello.

Qui in Italia, oggi, nel XXI secolo, sebbene i principi di legalità ed uguaglianza restano ancora validi, siamo diventati sempre più schiavi di una burocrazia cavillosa, fine a se stessa, incomprensibile nel linguaggio, lenta, rigida ed ostacolante.

La totale mancanza di fiducia nei confronti del popolo, da parte dell’élite di governo, tende, con diabolica perversione, a regolamentare ogni minimo aspetto della vita quotidiana dei cittadini. Il termine burocratese è ormai sulla bocca di tutti senza che nessuno si prenda la briga di cambiare procedure e norme per avere un’amministrazione più fluida e adatta a questi tempi super-veloci.

La mancanza di buonsenso impera ancora nei palazzi del potere, che viaggiano a velocità diverse dalle esigenze del Paese. Forse le élites politiche sono più impegnate a gestire le loro corse elettorali, così frequenti, e non trovano il tempo e l’interesse per riformare questa burocrazia ingessata lontana anni luce dal buonsenso e dalle necessità dei popoli.

Marcus Dardi

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