di Stefania Piazzo – I Quaderni Padani di Gilberto Oneto sono stati un punto di riferimento per più generazioni di studiosi e appassionati lettori affamati di conoscenza della storia del proprio territorio. Mentre la Padania veniva derisa e ostracizzata, Oneto alzava l’insegna di un popolo e della sua identità. In un numero dei Quaderni, dedicò un proprio saggio sulle lümere.
![](https://www.lanuovapadania.it/wp-content/uploads/2023/11/quaderni-padani1.jpg)
Ecco cosa si legge…
“Nella pur rapida ricerca effettuata sulle lümere impiegate in Padania sono emersi
con grande chiarezza tutti i caratteri presenti nelle analoghe manifestazioni anglosassoni.
Risulta sicuramente primario il rapporto con la notte del 1° novembre e, molto spesso con i giorni che lo
precedono e lo seguono. In un caso il rito ha addirittura inizio alla fine di settembre e in un altro è stato indicato con sicurezza che continuasse fino all’Epifania. (…)
L’antico legame con banchetti rituali, libagioni e pasti da consumare con i defunti è confermato dalla grande resistenza delle usanze di confezionare dolci speciali (detti localmente “pan dei morti”, “ossa dei morti”, eccetera) e di apparecchiare la tavola per i morti la sera del 1° novembre che si riscontrano un po’ ovunque.
Sulla condivisa ritualità si sovrappongono diversi dettagli locali sempre però caratterizzati
dall’impiego di cibi semplici e poveri: si tratta a volte di scodelle di latte e castagne, piatti di caldarroste e bicchieri di sidro, fino a semplici recipienti di rame riempiti d’acqua per placare la “sete dei morti”.
La preparazione delle lümere segue linee estremamente omogenee. Si tratta innanzitutto di una incombenza sempre affidata ai bambini e sotto la direzione degli anziani. La zucca viene
svuotata, vengono incisi i buchi degli occhi, del naso e della bocca e vi viene introdotta una candela”.
Sul forte radicamento della tradizione in Padania, Oneto scrive ancora con chiarezza che “Oltre che per spaventare la gente e organizzare burle, le lümere vengono anche collocate lungo le strade, vicino alle chiese e ai cimiteri per “illuminare la strada alle anime” e far loro ritrovare il cammino da un mondo all’altro. Esse hanno anche funzione decorativa: la sera del 31 ottobre vengono accese dai bambini
di casa e poste sui davanzali delle finestre, sui balconi, sulla porta di accesso, sui piloni dei cancelli, sui muretti attorno alla casa). (…) .
Ma Oneto precisa anche che “L’impiego sistematico delle lümere è continuato, secondo quasi tutte le testimonianze raccolte, con grande vigore fino agli anni ‘50 e ha da allora continuato ad affievolirsi. Ha ritrovato una certa fortuna in tempi più recenti grazie all’acquisizione di abitudini di importazione
americana di cui si è però smarrito l’antico legame con la nostra tradizione”.
Al punto da apparire come un fenomeno di pura importazione. “Secondo gran parte delle testimonianze raccolte, le zucche scavate e illuminate venivano chiamate lümere in Lombardia, in Emilia e in Piemonte, lumere nel Veneto Occidentale, lumazze nel Polesine e in Romagna. E’ stata anche raccolta testimonianza di alcune limitate varianti locali che le indicano come teste da mort a Biella, e mortesecche a Lucca. Si tratta, soprattutto in questi ultimi casi, di denominazioni che rafforzano il legame con l’originario
simbolismo delle teste tagliate dei Celti”.
Che oggi questi giorni siano diventati un secondo carnevale lo dicono i fatti., e Oneto stesso concorda con l’allora commento di Ernesto Galli della Loggia* che scriveva di come Halloween e le sue zucche non avessero nulla a che vedere con l’Italia. “Almeno su questo ha tutte le ragioni: le lümere sono una bella espressione di antico celtismo e di ritrovata padanità”, chiosava Oneto, dimostrando nel suo saggio le origini profondamente padane della tradizione.
L’informazione, la comunicazione, i Comuni, le scuole, sono in grado di riappropriarsi della propria storia o le zucche vuote sono diventate il simbolo di una profonda ignoranza di sè e di chi siamo?
(Corriere della Sera del 2 novembre 1998 editoriale di Ernesto Galli della Loggia titolato “Feste, fantasmi e zucche vuote”)*
https://archivio.associazionegilbertooneto.org/ARCHIVIO/PDF/Quad_21.pdf