“Centocinquanta miliardi. Per ora. I numeri aggiornati venerdì dall’Istat con i conti annuali delle amministrazioni pubbliche consentono di rivedere le cifre del Superbonus: senza ambire a un consuntivo definitivo, perché il contatore promette di muoversi ancora. Il dato certo è il rigonfiamento del deficit 2023, e di conseguenza l’aumento del debito extra che si spalmerà sui prossimi anni: i calcoli del Mef la primavera scorsa vedevano un carico medio da 23,4 miliardi l’anno nel 2024/26, ma da allora sotto i ponti del Superbonus è passata molta acqua, sotto forma di crediti ulteriori che possono portare l’ipoteca annua in zona 30 miliardi; fino agli sgoccioli della legislatura”.
È quanto si legge su Il Sole 24 Ore di oggi. (…) In realtà, come i tecnici avevano previsto quando avevano letto il testo del decreto, i cancelli non si sono chiusi; a tenerli aperti sono stati soprattutto le deroghe che garantivano il vecchio trattamento alle Cilas presentato entro il 17 febbraio. E tutto lascia pensare che i numeri definitivi si muoveranno ancora: i crediti d’imposta impiegano un tempo tecnico di qualche settimana per piovere nelle tabelle del monitoraggio mensile dell’Enea, che a gennaio contemplano 7,6 miliardi di costi in più rispetto a dicembre . È la corsa di fine anno, che ha dimensioni ancora in parte indefinita, almeno nei dati ufficiali. C’è un altro fattore che però impone di non ritenere chiusa la storia del Superbonus: il 110%, prima di tutto, non è finito, perché è ancora in vigore (fino a fine 2025) per gli immobili danneggiati dai terremoti e per le Rsa, mentre la cessione del credito è ancora possibile (ora con sconto al 70%) per i lavori nei condomini che avevano presentato le Cilas in tempo utile. Da qui non possono arrivare i numeri ciclopici visti finora, ma il panorama rimane tutt’altro che fermo (…)”, prosegue il quotidiano.