Categorie: Politica

Ma il governo perché non dichiara lo stato d’emergenza per i traffici sui migranti?

Gian Giacomo William Faillace – Con l’approvazione della proroga dello stato di emergenza, di cui è complice anche Forza Italia, nel Belpaese si è ufficialmente consumato un piccolo golpe.

Lo scopo di tutto ciò è ben chiaro: tentare di rinviare le elezioni amministrative, bloccare ogni forma di dissenso e alimentare il business dell’accoglienza. Ed è proprio quest’ultimo punto che rischia di diventare, insieme alla crisi economica, il detonatore di malcontenti popolari che potrebbero sfociare in atti anche di violenza che, seppur isolati, creerebbero disordini sociali.

Se poi parliamo di giustizia, è alle cronache che il ministro Bonafede, in tutta la storia d’Italia è stato il primo membro di un esecutivo a ricevere pubblicamente parole di elogio da parte di un boss mafioso, tale Giuseppe Graviano, condannato all’ergastolo per avere avuto un ruolo di spicco negli attentati risalenti al 1993 a Roma, Firenze e Milano, per l’omicidio di don Puglisi, nonchè è stato indicato quale esecutore materiale della strage di via D’Amelio dove trovarono la morte Paolo Borsellino ed i suoi agenti di scorta, ma soprattutto per aver sfruttato l’emergenza dovuta alla pandemia per concedere i domiciliari a ben 360 capi mafia.

Perché il governo attuale ha ben pensato di escludere dall’emergenza gli sbarchi di clandestini provenienti dal continente africano attraverso rotte gestite dalla criminalità organizzata con la connivenza di organizzazioni non governative in mare e associazioni sparse sul territorio atte all’accoglienza del carico umano?

Nella relazione sulla politica dell’informazione per la sicurezza redatta dall’AISE (Agenzia informazioni e sicurezza esterna ) e dall’AISI (L’Agenzia informazioni e sicurezza interna) del 2018, si legge:”Il filo conduttore del quadro d’intelligence sull’immigrazione clandestina resta quello del protagonismo di organizzazioni e reti criminali, di cui sono andate confermandosi pervasività e flessibilità operativa. Le evidenze raccolte fanno stato di un attivismo che interessa tutte le fasi del business, dalla pubblicizzazione, attraverso social network, dell’offerta di “servizi” –con l’indicazione di tratte, vettori, tariffe e modalià di pagamento – sino all’assistenza logistica nei Paesi di destinazione e, in territorio nazionale, ai tentativi di ingerenza mafiosa nel sistema d’accoglienza. Con riferimento alla rotta libica, l’azione informativa ha posto in luce la persistente operatività di strutturati sodalizi delinquenziali capaci di adattarsi agli sviluppi sul terreno, rimodulando basi di partenza e itinerari, secondo logiche di mutuo sostegno e di convenienza, ma anche di accesa competizione, soprattutto nella fascia costiera da Zuwara ad al Khums. La caratura e la pericolosità dei trafficanti attivi in suolo libico hanno trovato significativa testimonianza nel provvedimento sanzionatorio adottato in giugno dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU nei confronti di sei soggetti leader di agguerrite compagini dedite al business migratorio”.

Per inciso l’area costiera di Zuwara è sotto il controllo del Governo di Accordo Nazionale, appoggiato anche dall’Italia, e di cui fa parte anche il Partito della Giustizia e della Ricostruzione, emanazione in Libia del movimento wahabita dei Fratelli Musulmani.

Nella relazione dei servizi segreti italiani del 2019 e presentata nei primi mesi dell’anno in corso si legge:” Le organizzazioni dedite al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina hanno mostrato una particolare duttilità nell’adeguare il proprio modus operandi ai rispettivi contesti operativi. Ciò è parso particolarmente evidente per la realtà libica, dove i gruppi criminali sono stati in grado di mutare tattiche ed aree d’incidenza, pur misurandosi con l’estrema fluidità degli equilibri di potere a livello locale e, conseguentemente, dei rapporti con esponenti istituzionali e milizie che controllano porzioni di territorio. Al riguardo, le acquisizioni hanno fatto stato – in linea con segnali già raccolti nel 2018 – del frequente ricorso a “navi madre”, che effettuano un primo tratto di traversata sfuggendo ai controlli e che, giunte in prossimità delle acque territoriali italiane, trasbordano i migranti su barchini.

Parallelamente, e per le stesse ragioni, è mutata, rispetto agli anni precedenti, anche la tipologia di imbarcazioni utilizzate per le traversate, laddove i gommoni sono stati per lo più soppiantati da natanti in legno più resistenti alle lunghe percorrenze marittime (oltre le 30/40 miglia nautiche). Il fenomeno dei cd. sbarchi autonomi (detti anche occulti o fantasma) – che prevede il raggiungimento delle nostre coste, con naviglio di ridotte dimensioni, in elusione dei controlli e la successiva dispersione dei migranti sul territorio – è parso consolidarsi anche per le partenze dalla Libia, e non più solamente dalla Tunisia o dai litorali turco-ellenici. Atteso il rischio di un approdo clandestino di soggetti controindicati, l’attenzione dell’intelligence è stata rivolta alle possibili contiguità tra cellule jihadiste presenti nell’area della Tripolitania occidentale e facilitatori attivi nell’instradamento di migranti, attraverso lo snodo sudanese, verso la località di Zuwara, tra le principali aree di partenza dei natanti diretti in Italia”.

E mentre i servizi di intelligence ci informano su ciò che avviene su uno scenario più ampio, le procure italiane ci dicono che, a livello locale, a gestire i centri di accoglienza sono personaggi legati al malaffare. Prova di ciò è l’individuazione da parte della Procura di Milano di varie onlus create per incassare i fondi stanziati per l’accoglienza e che finivano direttamente nelle casse del boss della Ndrangheta Santo Pasquale Morabito e, ma guarda che sfortuna, una di queste onlus incriminate e legate alla criminalità organizzata, ha ospitato un dibattito durante il Festival dei beni confiscati alla Mafia, promosso da Giuseppe Sala, attuale sindaco di Milano. Intanto i soldi del business del’accoglienza venivano usati per mantenere le famiglie dei criminali finiti nelle patrie galere.

Secondo la relazione della Direzione Investigativa Antimafia, il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina è uno dei principali e più remunerativi business criminali: in virtù delle sempre più strette alleanze, le organizzazioni criminali straniere ed italiane collaborano, su piani più o meno paritetici, indirizzando i migranti verso la prostituzione, lo spaccio ed attività di caporalato. La presenza di una collaborazione tra criminalità italiane e straniere si rileva in innumerevoli attività illecite: dal traffico di stupefacenti, alla contraffazione, fino alla tratta di persone.

Intanto noi dobbiamo sottostare allo stato d’emergenza perché siamo noi il pericolo…

Photo by Noby George 

Redazione

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