di Gigi Cabrino – Con una cerimonia alla quale hanno preso parte le massime autorità dello Stato con studiosi e testimoni delle tragiche vicende che investirono il confine orientale dopo la fine del secondo conflitto mondiale, si è celebrato al Quirinale il Giorno del Ricordo.
La cerimonia è stata conclusa dall’intervento del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che ha sottolineato come in quelle terre si ritrovino “in una lugubre geografia dell’orrore” la risiera di San Sabba e la Foiba di Basovizza, “due simboli della catastrofe dei totalitarismi, del razzismo e del fanatismo ideologico e nazionalista”. Ha poi ricordato come per molto tempo sulle foibe e sulle sofferenze degli italiani in quell’area (“il nostro muro di Berlino”, lo ha definito) si fosse creato “un muro di silenzio e di oblio, un misto di imbarazzo, di opportunismo politico e talvolta di grave superficialità”.
Non possono essere invocati alibi, ha affermato il Presidente, per giustificare episodi che non possono essere derubricati ad atti di vendetta contro i fascisti occupanti: “le sparizioni nelle foibe o dopo l’internamento nei campi di prigionia, le uccisioni, le torture commesse contro gli italiani in quelle zone – ricorda Mattarella – colpirono funzionari e militari, sacerdoti, intellettuali, impiegati e semplici cittadini che non avevano nulla da spartire con la dittatura di Mussolini. E persino partigiani e antifascisti”.
Quella delle foibe è “una tragedia che non può essere dimenticata…i tentativi di oblio, di negazione o di minimizzare sono un affronto alle vittime e alle loro famiglie e un danno inestimabile per la coscienza collettiva di un popolo e di una nazione”.
Non è stato solo improntato al ricordo l’intervento del Capo dello Stato, che ha invitato a fare della memoria e del ricordo gli anticorpi perché “simili lacerazioni crudeli nei confronti della libertà, del rispetto dei diritti umani, della convivenza appartengano a un passato irripetibile” e ha indicato la necessità di consolidare la costruzione dell’Unione Europea, definita come la più efficace espressione del “ripudio della barbarie provocata da tutti i totalitarismi del Novecento” e indicata come direzione in cui procedere per un futuro cui guardare con fiducia e speranza.
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