Categorie: Politica

Dopo Codogno, Mattarella a Vo’ Euganeo. Un siciliano che parla di autonomia e viaggia nel lombardoveneto

di Stefania Piazzo – Il 2 giugno il presidente della Repubblica poteva restare a Roma. Invece, dopo le cerimonie di rito, ha preso l’aereo ed ha reso omaggio a Codogno, ha ascoltato il volontariato nel modesto cortile del Comune, ha visto la coordinatrice della Crocerossa piangere e avere il groppo in gola, ha fatto visita al cimitero. Oggi fa sapere che sarà presente a Vo’ Euganeo (Padova), per inaugurare l’anno scolastico a settembre.

In questo asse immaginario di lombardoveneto, dalla bassa lodigiana alle splendide pendici dei Colli Euganei, da ovest a est, Sergio Mattarella manda un terzo segnale. Il secondo è dell’altro giorno quando aveva pronunciato la parola “autonomia”. Ci dice che se c’è uno Stato che si è distratto o che si è girato dall’altra parte, come anche qualche Regione…, beh, lui invece c’è. Perché rappresenta tutti. E perché il Nord ha pagato il prezzo più tragico della pandemia.

Mattarella ci dice, indirettamente, che si riparte dalla scuola, dai bambini. Quelli segregati di fatto in casa, privati del diritto al gioco, alla ricreazione, alle pallonate in faccia, al sudore delle corse, alle unghie nere di terra. E’ la prima comunità delle regole, la scuola. E’ il serbatoio della cultura della futura classe dirigente. E’ la prima cellula di resilienza.

Ma l’altro giorno, appunto, ha affrontato il tema delle competenze tra Stato e territorio. Saranno solo parole? Nulla di fatto? A 50 anni dalle prime elezioni regionali, ha affermato:

“Non vincerà da solo un territorio contro un altro, non prevarrà una istituzione a scapito di un’altra, ma solo la Repubblica, nella sua unità. Decisiva sarà la capacità di tenere insieme pluralità e vincolo unitari”.

Mattarella non può scrivere riforme ma non può neppure negare la realtà. Come spiegherebbe però un ritorno al passato in Veneto, con una sanità di nuovo centrale? Sarebbe un colpo di Stato. E in questa via di mezzo c’è il suo affermare che:

“Il principio di autonomia, delle Regioni e degli enti locali, è alle fondamenta della costruzione democratica, perché appartiene al campo indivisibile delle libertà e costituisce un regolatore dell’equilibrio costituzionale. La libertà dei territori e l’autonomia delle comunità sono un contributo all’unità nazionale, nel quadro di una leale collaborazione tra i diversi livelli istituzionali”.

“La stessa lotta alla pandemia ci ha posto di fronte a nuovi interrogativi su come rendere migliore il servizio ai cittadini ed evitare che conflitti e sovrapposizioni tra istituzioni possano creare inefficienze paralizzanti o aprire pericolose fratture nella società”.

Non è stato il governo a parlare di autonomie, non lo ha fatto neppure la Lega. Ha solo avanzato la questione il governatore Zaia dicendo: l’autonomia ce la siamo guadagnata. Se portasse anche solo a casa un inizio di trattativa seria, cambierebbero i giochi per tanti. Una Lega sul territorio che rianima una questione morta e una Lega nazionale che ha messo la pietra tombale sopra le rivendicazioni fuori dalle mura di Roma. E intanto Mattarella si preoccupa del Nord più di altri. Ed ha ragione. Il problema c’è.

Stefania Piazzo

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