Categorie: Opinioni

Serve un nuovo Nordismo per fare lo Stato delle macroregioni

di Sergio Bianchini – Dopo il fallimento del secessionismo (parlato) con un sottofondo di federalismo debolmente perseguito e per niente praticato la situazione attuale è determinata dal completo controllo del centro sud sull’insieme dello stato italiano.

Il nord è assolutamente incapace di porsi coscientemente come una delle tre macroregioni che formano l’Italia e pur avendo un primato economico non ha alcun primato culturale e politico.

Dal 2006 il sud ha controllo della presidenza della Repubblica prima con Napolitano, nato proprio a Napoli nel 1925 e lì cresciuto anche politicamente, poi con Mattarella nato a Palermo nel 1941.

Ma anche prima del “trionfo totale” il centro sud aveva già occupato pienamente la RAI ed anche molte posizioni della grande stampa.

Ma, verità di tutti i paradossi, ricordo che Berlusconi ama definirsi un napoletano nato a Milano.

Il Nord non ha minimamente una cultura politica macroregionale e nazionale. Macroregionale vuol dire che sa concepirsi, dialogare e unire o almeno coordinare nelle sue 4 regioni principali ( Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna).

Inoltre non sa rapportare la visione macroregionale alle dinamiche dello stato Italiano in cui la macroregione è inserita indelebilmente. Non in eterno perché l’eternità non esiste nel reale ma nei tempi storici immaginabili.

Nemmeno sulla definizione e la richiesta delle autonomie lombardia e Veneto riescono ad andare d’accordo. Il Piemonte poi è ad una distanza siderale dalle prime due e vede il nordismo lombardo veneto con assoluto distacco se non di peggio.

Eppure la dinamica una e trina dell’Italia si può vedere ogni giorno nelle massiccie differenze nei movimenti dell’opinione pubblica, tutte inutili perché incapaci di produrre politica e programmi di governo duraturi.

Solo la chiesa cattolica è consapevole della natura una e trina dell’Italia e riesce a stanziarsi in ognuna delle tre macroregioni ed a tenerle unite nel comune sentire più profondo a cui tutti i partiti si inchinano.

E allora? Allora il Nord deve (se vuole esistere altrimenti è forse meglio che taccia) ridurre al minimo (davvero attuabile in tempi brevi) le richieste di autonomia e contemporaneamente chiedere di partecipare, e partecipare davvero, all’amministrazione dello Stato.

Il Registro Asia dell’Istat (registro di base delle istituzioni pubbliche) rivela che i dipendenti pubblici ammontano a quasi 3,5 milioni di persone, di cui 1,37 milioni nelle amministrazioni locali. 1 milione circa del personale statale è nella scuola. Vi è poi l’ambito delle forze armate, Esercito: 95.511, Marina Militare: 30.427, Aeronautica Militare: 41.105, Arma dei Carabinieri: 109.576, Guardia di Finanza: 63.528: polizia di stato  97.918.

Il Nord dovrebbe chiedere e fare in modo di essere presente nel settore pubblico statale con almeno un terzo delle posizioni. Questa sarebbe una vera rivoluzione culturale per i giovani del Nord che non partecipano abbastanza ai concorsi statali e non acquisiscono quindi vere competenze amministrative, culturali e politiche nazionali.

Sarebbe inoltre un antidoto fortissimo alla totale (e in parte involontaria) occupazione centrosudista dei posti statali che ha fatto dello Stato non il mezzo dinamico ed efficiente dell’azione di governo ma il luogo di distribuzione di stipendi a chi non trova altri impieghi.

Intendiamoci, la totale centromeridionalizzazione dello stato all’inizio ha liberato il nord da alcuni oneri di sistema lasciandolo libero di dedicarsi all’economia. Ma in seguito, negli ultimi 30 anni, ha prodotto uno snaturamento dell’amministrazione statale che non è capace di riflettere le necessità dell’intero paese.

Allo stesso tempo l’assorbimento da parte dello Stato anche delle migliori teste del sud (oltre alla massa di senza lavoro) ha impoverito il territorio stesso del sud di importanti risorse umane specialmente nelle tre regioni tirreniche, lasciandolo in preda a dinamiche primordiali e malavitose.

Operare per la costruzione della macroregione Nord dedita, oltre alla propria sopravvivenza, anche al risanamento dello Stato intero e nella collaborazione con le altre due Italie. Questo mi sembra l’orizzonte capace di dare indicazioni aperte, nobili e fattibili ad un nuovo nordismo.

Redazione

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