Categorie: Opinioni

La storia di Elodia, la compagna vittima del regime di Stalin

di Roberto Gremmo – E’ decisamente a nostro avviso una groviera il singolare ritratto di Elodia Manservigi, fatto dal nuovo quotidiano L’Unità che la definisce “la stalinista finita del gulag”. Per quanto ci è dato sapere, era una militante comunista che col marito Angelo Valente, il figlio Sergio ed in fratello Lino per sottrarsi alle persecuzioni fasciste aveva avuto la malaugurata idea di rifugiarsi nella Russia di Stalin, dove, in un modo o nell’altro, finirono tutti stritolati dalla macchina repressiva del Regime.

Etichettare come “stalinista” una povera donna arrestata come “trotskista” non fa onore riteniamo alla sua memoria, perché di dubbi sulla bontà del sistema poliziesco sovietico Elodia doveva averne parecchi, dopo quello che aveva patito e mi pare opinabile presentarla come un’anziana nostalgica del “paese dei Soviet” dopo essere tornata in Italia.

Una che la conobbe bene come Felicità Ferrero la ricordava invece “ammalata e stanca” ed anche il mio compianto amico Dante Corneli (il redivivo tiburtino) la rammentava “terribilmente sconvolta” dalla sua tragedia famigliare ed ideale.

Di certo era uscita distrutta negli affetti più cari per le dolorose traversie negli anni terribili della deportazione in Asia, la fine del fratello (fucilato a Mosca) e del marito e la fine del figlio, morto in Siberia per la fame ed il freddo.

Il servizio ricorda anche la riabilitazione del 1955. Ma vorrei dal punto di vista storico ricordare che nel documento non solo si dichiara che i sospetti di “trotzkismo” nei suoi confronti erano falsi ma che, cito testualmente, “l’accusa contro Manservigi Elodia è interamente basata sulle dichiarazioni dei testi Robotti Paolo e Robotti Elena” che erano cognati di Palmiro Togliatti, sposato con Rita Montagnana, sorella dell’accusatrice. E’ storia, storia passata, erano anni difficili, a dir poco. Le ideologie dividevano il mondo. Ma appunto per questo resta tanto ancora da far luce sulle verità che possono emergere dagli archivi.

Va evitato il poter pensare che si possa ancora temere di rischiare di offuscare la memoria di qualcuno, anche del “Migliore”. Chi mosse un dito per salvare Elodia? Chiediamocelo.

Roberto Gremmo

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