Categorie: Opinioni

Italia decadente. La salveranno i “preti amministratori”?

di Sergio Bianchini – Tra chiesa cattolica e Italia c’è un intreccio fatale. Il ‘68 italiano è stato diverso da tutti gli altri, diverso proprio per l’impulso importantissimo e forse decisivo che in esso profuse la chiesa cattolica.

La prima agitazione a Milano avvenne alla cattolica con Capanna inviato del vescovo di Città di Castello. A Fisica i capi del comitato di agitazione erano tutti cattolici e la prima riunione di approfondimento del comitato si tenne nel convento di padre Turoldo.

La statale di Festa del perdono fu l’ultima a partire e prese subito un indirizzo super politicizzato in sintonia col comunismo ed il terzomondismo che, anch’esso, proveniva dalle profondità cattoliche oltre che comuniste.

Nella chiesa la linea che oggi si è totalmente evidenziata era già fortissima. Adesso è vincente. Rimane però un buco nero enorme: l’Italia.

L’Italia è il nido della chiesa Cattolica che essa ha gestito anche politicamente dopo la caduta della monarchia sabauda. Ma dopo il ‘68 ci fu un progressivo abbandono dello scenario italiano, sempre presidiato ma senza potenza espansiva, a favore di un crescente investimento di risorse umane e materiali nel cosiddetto terzo mondo.

Sia Comunione e Liberazione, che Radio Maria, hanno costruito reti mondiali. Ma famoso è anche il gruppo di Sant’Egidio che funge da cerniera con la diplomazia italiana all’estero. Sono migliaia coloro che si sono dedicati esclusivamente all’Africa o al sud America o al medio oriente. Preti e non. E ogni prete ha alle spalle decine, perfino centinaia, di persone in Italia che lo sostengono in tutti i modi con denaro, materiali, visite.

L’Africa in particolare è la meta consolatoria di molti che qui da noi si sentono frustrati. Il più noto è Prodi che dopo la sconfitta elettorale si consolò andando a gestire per conto dell’ONU il Sahel. Ma anche Veltroni dichiarò nelle sue ultime elezioni politiche che perdendo sarebbe andato in Africa. Poi non ci è andato ed è diventato uno scrittore di gialli. Anche il card. Martini, dopo l’elezione a Papa di Benedetto XVI dichiarò che sarebbe andato a morire in terra santa. Salvo poi tornare per curarsi meglio.

E così il risanamento del mondo intero è diventato l’obiettivo supremo della chiesa cattolica che invita tutti noi a farci prossimo cioè a dedicarci non parzialmente agli altri ma totalmente. E questo spirito di militanza planetaria ha effettivamente vinto in quel 5% che in ogni popolo è animato di nobili e disinteressati ideali.

E intanto l’Italia è affondata. Lo stato è ridotto in condizioni miserevoli, il debito continua a crescere ma soprattutto non ci sono idee per una rinascita. La cultura sindacale e dei partiti non riesce a dare al paese le basi culturali e spirituali per generare un vero buon governo.

A questo punto la catastrofe può, a mio parere, essere evitata solo se la chiesa comprende davvero la situazione e decide che deve darsi da fare per rigenerare e ripulire il suo nido, frenando l’esportazione di risorse ed al contrario effettuando nella società italiana ed in particolare nella pubblica amministrazione, potenti iniezioni di vitamine spirituali e materiali.

Sarebbe così assurdo che ¼ dei preti italiani si inserisse gradualmente nella pubblica amministrazione facendola lievitare e creando dinamiche positive per tutti?

70 anni fa si inventarono i Preti Operai.

-cito da wikipedia-“Il primo prete operaio italiano fu Bruno Borghi (19222006), amico di Don Milani, che prese servizio alla Nuovo Pignone di Firenze nel 1950 nonostante il divieto di Pio XII e che in seguito ai numerosi attriti con la Curia toscana abbandonò il sacerdozio negli anni ’70.

Dopo il Concilio Vaticano II, nel 1965, i preti operai vennero riabilitati e Paolo VI diede il consenso a quest’esperienza. Nella lettera apostolica Octogesimaadveniens del maggio 1971, scriverà che «la Chiesa ha inviato in missione apostolica tra i lavoratori dei preti che, condividendo integralmente la condizione operaia, ambiscono di esservi i testimoni della sollecitudine della Chiesa.“

Oggi forse ci vogliono migliaia di preti amministratori. Potremmo chiamarli “preti per l’Italia”. Forse così la specificità della nazione,ma anche della chiesa stessa, potrà essere giocata pienamente.

Redazione

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