di Roberto Gremmo – Prendere Dante come nume tutelare non è una cosa nuova, perché lo ha già fatto nel 1938 la rivista “Difesa della razza” ed è un infortunio imperdonabile che non se ne sia accorto un neo ministro presenzialista, addirittura alla vigilia della “giornata della memoria”.
E proprio perché certi ricordi restano vivi, dobbiamo pur far presente che il periodico portabandiera della discriminazione inalberava, decontestualizzata ma totemica, la sinistra invettiva di Dante: “uomini siate e non pecore matte, si’ che ‘l Giudeo di tra voi non rida”.
Tirare oggi in ballo il “ghibellin fuggiasco” si rischia di fare un pessimo servizio a Donna Giorgia, perché, per li rami, si annodano fili memoriali che i fratelli infiammati non sono molto propensi a tirar fuori.
Eppure, i collegamenti mentali per un storico sorgono spontanei e dalla rivista che si richiamava a Dante arriviamo a Giorgio Almirante che fu redattore capo proprio della “Difesa della razza” ma poi segretario per una vita del “Movimento Sociale Italiano” il cui simbolo è transitato pari pari nell’ emblema di un partito di governo. Cambiano i tempi, certo, tutto va contestualizzato. Siamo nel 2023. Certi rami si possono recidere, o no? Ma almeno Dante, lasciamolo riposare in pace.
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