Categorie: Opinioni

300 giorni al voto. Post leghismo e Nord, cosa si vuole fare?

di Roberto Pisani – 300 giorni circa. Tanto manca, teoricamente, alla scadenza naturale della legislatura romana e della consiliatura regionale lombarda. Un appuntamento importante, ovviamente, per il futuro dei nostri territori. Tuttavia in questi quattro anni tante, tantissime cose sono cambiate. Si è passati dalla gestione di una pandemia a quella, in corso, di una guerra. E tutto questo, giocoforza, ha influito sui consensi elettorali. Ma non solo.

Il risultato del referendum sulla riduzione del numero dei parlamentari ha mischiato ulteriormente le carte in tavola. Inutile tornare su questo argomento che, in assenza di una legge elettorale adeguata e il conseguente ridisegno dei collegi, rischia di togliere rappresentatività ai territori, però di sicuro mina la legittimità del Parlamento italiano, ammesso che ne abbia ancora. In pratica si rischia di trovarsi un Parlamento di nominati dai partiti invece che di eletti dal popolo.

Vabbè non è questo l’oggetto della mia riflessione. Piuttosto voglio soffermarmi sui cambiamenti politici, evidenziati dai sondaggi, per quanto essi possano valere, e sul riposizionamento degli attori in scena alla luce della diminuzione delle “cadreghe” a disposizione.

La cosa più evidente che balza all’occhio è il dimezzamento, teorico, dei consensi del Movimento 5 Stelle e l’ascesa, e la discesa, della Lega Salvini Premier. E proprio su quest’ultima vorrei soffermarmi alla luce dell’inevitabile ripercussione che questo avrà sulle consultazioni regionali lombarde.

 Abbiamo assistito in questi anni ad una Lega che ha raggiunto dei consensi inaspettati suffragati dal 34,3% alle europee del 2019. Adesso, parrebbe dai sondaggi, che raggiunga a malapena il 16%, più che dimezzando quindi il proprio consenso elettorale.

Questo fatto, associato alla diminuzione delle comode poltrone a disposizione, ha portato in questo periodo ad un fermento interno ed esterno alla Lega stessa e nel suo elettorato, soprattutto quello storico padano. La gestione nazionalista e personalistica del suo segretario sembra scontentare molti dirigenti, parlamentari e militanti, tant’è che negli ultimi tempi si assiste sempre di più a tentativi di costituire gruppi interni ed esterni alla Lega che inneggiano al federalismo, all’autonomia e addirittura all’indipendenza, vecchi cavalli di battaglia del partito.

L’intervista dello storico segretario federale, nonché fondatore Umberto Bossi realizzata dalla direttrice di questa testata Stefania Piazzo, ha gettato benzina sul fuoco.

Nessuno mette, ovviamente, in discussione le parole del Senatùr, di lui parla la sua storia politica, ma fanno pensare le dichiarazioni e le prese di posizione di tanti esponenti della vecchia guardia leghista.

Considerando come punto fermo la buona fede rimane un dubbio: dov’erano questi signori in questi anni quando hanno assistito alla svolta nazionalista e populista del loro partito? Come mai non hanno fiatato quando i consensi elettorali erano al massimo? Che siano stati ibernati, loro malgrado, direttamente seduti su qualche comoda poltrona profumatamente retribuita?

Nessuno ha la verità in tasca, e tanto meno io, però il dubbio che qualcuno sia spinto da un tentativo di riposizionamento personale, preodorando un’esclusione dalle candidature, cercando di dimostrare di avere ancora un certo seguito per portare consensi alla mamma Lega, magari di quegli elettori delusi dalla svolta nazionalista, rimane.

Il Nord, a mio avviso, non ha bisogno di tutto questo. Il Nord ha bisogno di idee nuove, di facce nuove, pulite, e non di vecchi esclusi rancorosi.

Il Nord ha bisogno di rappresentanza seria e non più legata al passato che non abbia nessun tipo di legame con i partiti nazionali, se si vuole avere quell’autonomia e quell’indipendenza politica richiesta da troppo tempo ormai e che uno stato moderno dovrebbe concedere ad occhi chiusi.

E se lo stato centrale, vecchio ed ottuso, dovesse essere ancora reluttante a concederla, penso che il Nord sia maturo al punto di prendersela.

Stefania Piazzo

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