Categorie: Cultura

“Sono stanco di accettare che attori stranieri interpretino italiani”. Favino ha ragione? Dipende

di Cuore Verde – Pierfrancesco Favino, protagonista del film “Comandante”, presente all’80esima edizione del Festival di Venezia, ha criticato il cinema straniero perché fornisce una  visione stereotipata dell’Italia «che è una storia vecchissima di pizza e mandolino, ma anche di interpretazioni», ovvero, in termini di casting. Favino, riferendosi al film “House of Gucci” e a “Ferrari” di Michael Mann con Adam Driver, ha detto chiaramente che «Non si capisce perché grandi attori italiani non sono coinvolti in questo genere di film, affidati invece a divi stranieri lontani dai protagonisti reali delle storie, a cominciare dall’accento esotico. Se un cubano non può fare un messicano perché un americano può fare un italiano? Ferrari in altre epoche lo avrebbe fatto Gassmann, oggi invece lo fa Driver e nessuno dice nulla». Alcuni, in queste esternazioni hanno  intravisto una specie di rivendicazione “sindacale” a favore delle coproduzioni cinematografiche internazionali per coinvolgere in ruoli di rilievo gli attori “italiani”.

Altri hanno voluto dare una interpretazione “sovranista” delle parole di Favino che sarebbero state pronunciate in difesa dell’identità italiana. Probabilmente, possono coesistere entrambe le interpretazioni. Tuttavia, dal mio punto di vista, il cinema “italiano” è chiaramente “romanocentrico”. E a proposito di luoghi comuni e stereotipi nazionali, “Se un cubano non può fare un messicano”, come dice Favino, anche se parlano entrambi spagnolo, aggiungo io, perché un romano può interpretare un siciliano, un veneto, un lombardo, ecc.? Gli esempi sono molteplici. Cito sempre a proposito di questo argomento, il film “I due gondolieri” del 1958 con Alberto Sordi e Nino Manfredi, improbabili “Bepi” e “Toni”. In realtà, non due veneti ma, bensì, la parodia macchiettistica di due veneti. E poi il romano Luca Zingaretti che ha interpretato, con successo, il siciliano Montalbano e il padano Perlasca (nato a Como e vissuto a Padova). Non mi compete un giudizio artistico, ma, a mio parere, nella mini-serie televisiva di Perlasca, emerge poco il carattere “nordista” del personaggio.

Evidentemente, si è voluto definirlo piuttosto come un “italiano” che un uomo del Nord. Lo stesso Favino ha poi interpretato il siciliano Buscetta. Il cosiddetto cinema italiano (o “romano”?) spesso rappresenta il Nord se non attraverso stereotipi o interpretazioni al limite del farsesco. Forse una delle poche eccezioni, rimane la serie dei film di “Peppone e Don Camillo”, nei quali emerge certamente un forte e sincero carattere identitario padano. Eppure, Don Camillo era magistralmente interpretato dal francese Fernandel. I romani, giustamente, giocano la loro partita. Ma gli attori e registi del Nord che cosa fanno? O vogliamo sempre essere rappresentati come dei ridicoli ed improbabili “Toni” e “Bepi”? Cominciamo a prendere coscienza della nostra identità. La nostra vera identità. 

Redazione

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