“Disoccupazione alta, precarizzazione economica delle classi lavoratrici, perdita di reddito, ma soprattutto di status sociale, di vastissimi settori di ceto medio” sono “la destabilizzazione impressionante della base materiale su cui si regge la stessa idea di democrazia rappresentativa”. Lo scrive il filosofo Massimo Cacciari nell’editoriale de La Stampa oggi in edicola a commento del voto americano per l’elezione del presidente degli Stati Uniti. Secondo Cacciari “se il pluriverso del lavoro dipendente, delle professioni, del ceto medio vede minacciata la propria stabilità e vanificarsi le prospettive di crescita del proprio benessere (non solo, e forse neppure prioritariamente, sotto il profilo economico), è impossibile funzioni quella ‘virtu” di moderazione e giusto compromesso che regge la politica democratica”.
Pertanto, scrive il docente di Estetica all’Università San Raffaele di Milano, “l’opinione pubblica si va radicalizzando agli estremi. I moderati scompaiono, e chi ancora li va cercando cerca un caro estinto. La crisi, allora, non si risolve ‘moderando’, ma con disegni di riforma tanto radicali quanto razionali. La demagogia populista non si sconfigge, a questo punto, mediando con i suoi rappresentanti, ma affrontando quelle questioni, cavalcando le quali avevano potuto vincere, secondo una strategia opposta alla loro”. Come si potra’ rispondere alla crisi economica e sociale che ha colpito il perno delle democrazie occidentali?, si chiede il filosofo.
La risposta è “soltanto se i loro governi sapranno ragionare e operare insieme nei confronti delle nuove grandi potenze economico-finanziarie multinazionali e approntare comuni strategie intorno alle grandi agende dell’energia e dell’ambiente. Politiche ridistributive attraverso i diversi sistemi fiscali, su scala nazionale, avranno fiato cortissimo comunque” assicura Cacciari. Pertanto “è ‘ un new deal dell’intero Occidente democratico che diviene oggi necessario” scrive ancora il filosofo, “e se non verrà impostato con rapidità e credibilità torneranno i Trump, come sono venuti dopo gli Obama. Ma questa volta con infinite più possibilità di restarci. Poi osserva e si chiede: “Biden, il conservatore Biden, comprenderà che è venuto anche per lui il momento di essere, almeno un po’, ‘rivoluzionario’? La presenza della Harris mostra tale intenzione? Chi ha a cuore l’Europa e lo sviluppo della sua democrazia dovrebbe sperarlo, o la concorrenza di democrazie autoritarie e ‘popolari’ si farà sentire ben oltre la crescita del prodotto lordo e il saldo della bilancia commerciale” conclude Cacciari.
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