Oltre le Regioni. Comune svizzero, piccola repubblica sovrana. Ecco il modello

di GIOVANNI POLLI – Federazione, Cantoni, Comuni… Per capire meglio quali siano e come funzionino i rapporti in Svizzera tra i vari organismi che compongono lo Stato federale, soffermandoci in particolare sul Canton Ticino a noi così vicino per lingua, mentalità e – in un certo senso – economia, abbiamo interpellato il professor Eros Ratti, costituzionalista e autore del più completo manuale di Diritto elvetico dei Comuni, oltre che di diversi testi divulgativi di educazione civica per la scuola dell’obbligo.
FEDERALISMO INTEGRALE
«La nostra Federazione è composta da 23 cantoni, che sono Stati autonomi. In particolare, il Ticino si chiama, nella nuova Costituzione, “Repubblica e Cantone del Ticino”».

Intenti chiari già a partire dal nome…
«Già “Cantone” significava Stato autonomo, ma nella nuova Costituzione approvata tramite voto popolare si è voluto sottolineare come si tratti in effetti di una Repubblica sovrana e indipendente. Naturalmente entro i limiti stabiliti dalla Costituzione federale, che viene approvata anch’essa dal popolo».
Quindi ogni Cantone è libero di darsi la propria Costituzione e le proprie leggi?
«Esattamente, sempre entro i limiti della Costituzione federale che è comunque lo stesso popolo a darsi, approvandola direttamente
con il proprio voto».
Un percorso che nasce davvero dal basso…

«Certo, perché è comunque il popolo che stabilisce che certe materie, per esempio i rapporti con gli Stati esteri, debbano essere delegati alla Federazione. Togliendo automaticamente questa competenza al proprio Cantone».

Quindi la Federazione ha competenza solo su un numero limitato di materie?
«Sì, in particolare la politica estera, i trasporti, le poste, i trattati internazionali, la libertà di commercio e altre competenze elencate in Costituzione federale».
È l’esatto opposto di quanto avviene negli Stati centralisti, tra cui l’Italia, dove lo Stato si occupa di tutto, tranne ciò che delega, con un apposito elenco, alle Regioni amministrative…
«Da noi, infatti, le competenze cantonali possono essere innanzitutto autonome, delegate dalla Costituzione e infine quelle residue, che non compaiono nell’elenco della Costituzione federale e che quindi spettano automaticamente al Cantone».
Come sono divisi i poteri nello Stato federale?
«Il governo si chiama Consiglio federale composto da sette membri eletti in questo caso non dal popolo ma dall’Assemblea federale, composta dalle due Camere, il Consiglio nazionale eletto dal popolo popolo proporzionalmente al numero degli abitanti e dal Consiglio degli Stati, anch’esso nominati dai cittadini ma sulla base territoriale dei singoli Cantoni e con legge maggioritaria. Quest’ultimo mette quindi sullo stesso piano politico i Cantoni piccoli e quelli estesi. In questo caso, per esempio, il Cantone di Appenzello, che ha 20-30.000 abitanti, ha due rappre-sentanti, tanti quanti il Cantone di Zurigo, con un milione di abitanti. Questo per evitare, siccome una Camera ha il diritto di veto sull’altra, che i Cantoni maggiori, già rappresentati proporzionalmente agli abitanti nel Consiglio nazionale, abbiano il sopravvento».

Le due Camere, quindi, lavorano per proprio conto?

«Tranne, appunto, per la nomina del Governo, i sette membri del Consiglio federale, e la nomina del presidente della Confederazione, carica simbolica, una specie di “primus inter pares” senza competenze particolari. Flavio Cotti, ticinese, quando è diventato presidente ricordava che la sua competenza era quella di entrare per primo dalla porta…».
Il Governo, invece, ha un Premier?
«No, ogni consigliere federale ha il suo dicastero, non c’è una figura come il presidente del Consiglio. Nell’elezione del Consiglio federale c’è comunque un accordo tacito, consuetudinario, chiamato “formula magica”, secondo cui nella nomina dei consiglieri si tiene conto di “una ragionevole ripartizione nel territorio”. E ha sempre funzionato egregiamente, offrendo rappresentanza sia alle diverse forze politiche, sia alle tre componenti francesi, tedesche e, anche se di fatto un po’ meno, ticinesi. Territori, lingue, minoranze, hanno così ciascuno la propria rappresentanza» .
Un segno di civiltà, non c’è che dire…

«Senz’altro, un segno di maturità. Guardo sempre con ammirazione il momento della nomina, perché con questo galateo si riesce comunque ad arginare le ingerenze dell’alta finanza e dei poteri forti».

IL CANTONE, STATO SOVRANO
Passiamo allora al Cantone. Sono costituiti tutti allo stesso modo oppure sono diversi tra loro, in quanto a organi e rappresentanze?
«C’è qualche piccola differenza sulle denominazioni, ma tutti quanti sono dotati di potere legislativo, esecutivo e giudiziario come tutti gli Stati sovrani».
Esiste quindi anche la giustizia cantonale?
«Certamente. C’è la giustizia federale che si occupa di competenze specifiche, poi invece siamo organizzati con la nostra procura pubblica e con i tribunali cantonali nei vari gradi. E, da quello che ho potuto constatare quando svolgevo l’incarico di giudice di pace (eletto direttamente dai cittadini, ndr), che ha competenza anche su reati penali minori, il sistema funziona abbastanza bene».

Il potere legislativo e l’esecutivo da chi sono rappresentati?

«Il legislativo è il Gran Consiglio, con 90 membri e l’esecutivo, cioè il Governo, il Consiglio di Stato. In Ticino i consiglieri di Stato sono cinque. Governo e Parlamento sono entrambi eletti dal popolo ogni quattro anni, con sistema proporzionale. In alcuni Cantoni vi è il maggioritario. Ogni cantone si sceglie la propria legge elettorale».
E le competenze del Cantone? 

«Sono indicate nella Costituzione cantonale».

Non capita mai che vi siano conflitti con quelle federali?
«Può capitare, nel caso di grandi progetti federali, ma in ogni caso è il Cantone che ha una certa forza. Difficilmente Berna impone una soluzione a scapito del Cantone, che sul suo territorio ha diritti considerevoli» .
VICINO AL CITTADINO,
IL COMUNE AUTONOMO
Scendendo verso il basso, prima di arrivare al Comune, vi sono altri enti amministrativi?
«In Ticino vi sono gli otto Distretti, che erano gli antichi “baliaggi” feudali, e i 38 circoli. Distretti e circoli hanno però solo lo scopo di delimitare i territori della giustizia civile. Sono entità minori di decentramento, le sedi di autogoverno sono soltanto Cantoni e Comuni».

Qual è il ruolo del Comune?
«È la cellula fondamentale della comunità elvetica. La vita delle persone si svolge nel Comune, Ente di Diritto pubblico anch’esso autonomo, questa volta nel rispetto di entrambe le Costituzioni, federale e cantonale».
Lei ha partecipato direttamente alla stesura della nuova Costituzione ticinese dove si configura il ruolo del Comune…
«In particolare con la clausola della competenza residua, all’articolo 16: “Il Comune (…) a livello locale svolge i compiti pubblici generali che la Legge non attribuisce né alla Confederazione né al Cantone”.
Una proposta approvata dal Gran Consiglio, anche se solo per un voto. Infine, nella nuova Costituzione vi è an-che la garanzia dell’esistenza del Comune, che prima non era prevista».
Federalismo proprio integrale, non c’è che dire.
«Pur nella loro gradualità, Federazione, Cantone e Comune sono perfettamente sovrani. Anche il Comune, come il Cantone, è quindi caratterizzato con il proprio organo legislativo e con l’esecutivo».
Quali sono?
«Nei Comuni più piccoli c’è l’Assemblea diretta dei cittadini…»
È addirittura un organo riconosciuto?
«Certamente. E la legge che la disciplina non obbliga i Comuni a dotarsi del Consiglio comunale, ma dice testualmente che “i Comuni con più di 300 elettori possono istituire il Consiglio comunale”. Naturalmente lo fanno, ma anche i Comuni più grandi potrebbero convocare l’Assemblea diretta dei cittadini».
Quanti sono oggi i Comuni in Ticino che la convocano regolarmente?
«Ce ne sono un centinaio, e di solito si riuniscono nella sala delle Assemblee o nella palestra. E di solito sono un vero e proprio show, perché i cittadini intervengono e partecipano con molta convinzione».
Un po’ come la landsgemeinde nella Svizzera interna…
«Solo che in questo caso è un’assemblea addirittura a livello cantonale, come ad esempio avviene in Appenzello, e serve per eleggere direttamente il Consiglio di Stato, quindi il proprio governo. Un bellissimo Esempio di partecipazione diretta dei cittadini alla vita politica».
Nei Comuni maggiori, invece, i cittadini eleggono il Consiglio Comunale. E la “giunta”?

«Anche. Qui si chiama Municipio, e viene eletto direttamente ogni quattro anni. Il sistema di gestione federale, cantonale e comunale è uguale. In tutti e tre gli ordinamenti vige inoltre il principio della collegialità, per cui i governi assumono le decisioni collegialmente e nei confronti dell’esterno vale la decisione presa dall’esecutivo nel suo insieme, non dai singoli membri. E chi è contrario a una decisione non può quindi portare la sua posizione all’esterno».
Resta ancora il Sindaco.
«Anch’egli eletto direttamente dai cittadini, 15 giorni dopo l’elezione del Municipio, con il sistema maggioritario. È un primus inter pares, con però alcune competenze specifiche, fra cui il rivestire la carica di ufficiale di Stato civile».
Le parole del professor Ratti, costituzionalista in grado di esprimersi in modo chiaro e con concetti comprensibili a tutti, ci hanno aperto gli occhi. È bastato infatti già un primo incontro con la realtà elvetica e ticinese per comprendere come la frontiera che separa lo Stato italiano dalla Confederazione Elvetica segni il confine, più che tra due entità territoriali diverse, tra due concezioni opposte opposte e tra loro inconciliabili dei rapporti tra lo Stato con i suoi cittadini. Nella prima, quella italiana ereditata dal sistema centralista e giacobino piemontese, al centro della vita di tutti i giorni rimane lo Stato centrale, che si esprime attraverso le sue articolazioni e i suoi poteri che derivano sempre dalla propria legittimazione, e dove spesso i suoi funzionari si sentono suoi sacerdoti prima ancora che suoi servitori, o – meglio – prima ancora che servitori dei suoi cittadini. Nella struttura elvetica, come abbiamo visto, che nasce dalla libera adesione di comunità indipendenti e fiere di esserlo, la fonte di legittimazione di ogni potere è – al contrario – sempre il cittadino, responsabilizzato nella sua funzione di appartenente alla comunità. E il cittadino, infine, anche attraverso gli istituti della democrazia diretta, in primis il referendum, può sempre e comunque intervenire nelle decisioni che lo riguardano. E dare senso compiuto alla stessa parola “democrazia”.

tratto da La Padania del giugno 1998

Photo by Jorge Romero 

Stefania Piazzo

Articoli recenti

Liste d’attesa, medici Cimo: Sanità integrativa diventa sempre più sostitutiva

"L'imminente decreto sulle liste d'attesa, annunciato dal Ministro della Salute Orazio Schillaci, offre l'opportunità di esprimere…

7 ore fa

COME CI GOVERNANO – Bilanci Comuni. Virtuosi al Nord. In Sicilia, Calabria e Campania meno di uno su tre tempestivi nel mettere giù i conti

Comuni diventati virtuosi nella presentazione dei bilanci di previsione. Quest'anno sette su dieci già a…

1 giorno fa

Partito nazionalista basco e Socialisti verso governo regionale di coalizione

Le delegazioni del Partito nazionalista basco (Pnv) e del Partito socialista basco (Pse), hanno iniziato…

1 giorno fa

Sanchez non si dimette e rilancia. “Mobilitazione sociale mi ha convinto a resistere”. A maggio legge su amnistia per indipendentisti

Il premier spagnolo Pedro Sanchez ha annunciato che non si dimetterà e continuerà a ricoprire il suo…

1 giorno fa

Elezioni europee, cerca il nome del tuo gladiatore preferito

di Cuore verde - Non si tratta della proposta di un corso per la crescita…

1 giorno fa

Pnnr in ritardo. Tutti gli artigiani: datevi una mossa su energia, infrastrutture e investimenti pubblici

di Gigi Cabrino - Audizione delle confederazioni artigiane sul def; da CNA un richiamo su…

1 giorno fa

Usiamo cookie per ottimizzare il nostro sito web ed i nostri servizi.

Leggi tutto