Ma quale Parlamento del Nord! Serve un vero partito del Nord

di Luca Gagliardi – La questione delle regioni produttive strangolate dal carrozzone italico è ben lungi dall’essere sopita e da anni parliamo della necessità urgente di un soggetto autonomista.

In questi tempi di coronavirus abbiamo avuto modo di vedere, ancora una volta, come la gestione statale e statalista all’italiana abbia penalizzato il Nord: i trasferimenti ai Comuni, l’invio di “mascherine di carta igienica”, il caso dell’ospedale in fiera, dei contributi ai lavoratori in nero e la serrata delle attività produttive (così come gestita) hanno solo evidenziato una situazione ormai chiara a chiunque.


Valutare l’operato del Governo Conte o delle opposizioni è una questione che non mi appassiona. Piuttosto sarebbe il caso di capire, una volta per tutte, l’importanza di un soggetto autonomista, un movimento politico territoriale. Un movimento strutturato, credibile e di proposta. Soprattutto, un movimento trasversale e che punti alla rappresentanza di una Comunità nella sua interezza, anziché appoggiarsi ad una sola categoria o strizzare l’occhio a una sola parte ideologica.

Occorre partire dalle fondamenta: l’ipotetico partito del Nord deve poter interloquire con l’imprenditore, ma anche con l’operaio. Deve necessariamente essere rappresentativo, perché i nostri Comuni sono per definizione una pluralità di soggetti e sensibilità. Pertanto, che tu sia bianco, nero, etero oppure omosessuale, religioso o ateo, conservatore o progressista, il discorso non cambia. Una vera forza territoriale esprime le istanze della Comunità nella sua interezza. Diversamente, non può dirsi territoriale.

Un movimento nordista parla di problemi concreti. E questi problemi, che conosciamo tutti, riguardano il sostegno alle imprese (e ai lavoratori, troppo spesso lasciati allo sbando). I diritti umani. La giustizia sociale. La lotta senza quartiere alla burocrazia ipertrofica. Il lavoro pubblico, in tutte le sue sfaccettature. La laicità delle istituzioni. I rapporti con l’Europa. L’ambiente. La cura e l’ammodernamento del territorio.


Da troppo tempo assistiamo a contrapposizioni sterili, con l’unico risultato di dividerci per tifoserie come durante le partite di calcio, metafora italica per eccellenza. Abbiamo finalmente capito (mi auguro) che il fu partito di riferimento per molti di noi ha da tempo svenduto i suoi ideali per un piatto di “like” su facebook e che molti “duri e puri” dell’autonomia oggi sventolano il tricolore con occhi accesi di orgoglio, mentre baciano rosari e ripetono gli slogan del giorno. Bene. Che si fa ora? Si crea un’alternativa.

Qualcuno tra i lettori obietterà che esistono già molte alternative, ed è vero. Ma nessuna allo stato attuale è davvero in grado di competere. Bisogna superare la litigiosità caratteristica degli avi Celti e fare tutti un passo indietro per convogliare le forze in un unico soggetto, che si prenda carico della rappresentanza politica al di sopra della linea gotica. Esiste una miriade di associazioni, liste civiche, movimenti e partitini che perseguono il medesimo obiettivo ma non scendono a patti con nessuno. Chi per opportunità politica, perché puntano all’appoggio dei partiti romani. Altri, perché depositari di verità incorruttibili. Altri ancora per preservare l’identità del gruppo. Lasciate che vi dica che questa strada non porterà a nulla, nemmeno al raggiungimento di ambizioni personali.

Roma non si ferma ed ogni anno fagocita il residuo fiscale nella misura che tutti conosciamo. Ogni anno chi lavora si vede depredato considerevolmente dal “socio occulto”.

Il nostro territorio – la Val Padana, un vero paradiso – sta andando a ramengo tra cementificazione selvaggia, incuria, abbandono e inquinamento. Le strade e i servizi pubblici (strutture comprese) sono da terzo mondo. Cascinali, capannoni e residenze storiche avvizziscono sotto i nostri occhi, deturpando paesaggi urbani e parchi naturali e riducendosi a cumuli di macerie. Le produzioni locali lasciano il posto alle catene di vendita, sempre uguali, sempre quelle in ogni città. Stiamo lasciando che tutto questo avvenga, senza muovere un dito.


La strada maestra per fare sì che vi sia un’inversione di tendenza è la creazione di una piattaforma che comprenda tutti i soggetti autonomisti. Una tavola rotonda permanente dove ognuno abbia pari dignità e possa portare le istanze del suo territorio specifico affinché trovino sbocco univoco: il partito del Nord, comunque lo si vorrà chiamare. Un partito moderato ma fermo, con una visione aperta e moderna delle cose, che contratti punto per punto interventi con ricadute concrete e maggiori gradi di autogoverno. Che sia calato nella realtà e non ancorato a cliché vecchi anche per mio nonno.


Perché a volte pare proprio che ci si perda ancora nelle diatribe tra neri e rossi, quando la vera battaglia è tra centro e periferia democratica dello Stato. Dobbiamo tenerne conto, sempre.

Che si tratti di un “Parlamento del Nord” del ventunesimo secolo o di organizzare, come già proposto dall’amico Luca Bona, le “Primarie del Nord” per individuare un leader, il risultato non cambia: serve una forza strutturata sul territorio, che diventi un movimento granitico e competitivo, per difendere tutta l’area Cisalpina nella sua interezza, una autentica Regione Europea.
Serve alla svelta.
La differenza tra essere il prossimo Cantone svizzero o diventare l’anticamera del Maghreb è tutta qui.

Stefania Piazzo

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