Categorie: Politica

Quote latte, dopo 25 anni la Corte di giustizia Ue dà ragione al Nord. Nel frattempo abbiamo chiuso le stalle. Le cartelle esattoriali sono per caso a bilancio delle Regioni?

di Giovanni Robusti – Argomento bollito, direte voi. Eppure l’altra sera le IENE hanno riproposto la vicenda. Un
servizio con una buona sintesi della vicenda secolare, a tutti nota. Almeno per nome.
E stavolta finalmente viene fuori il peso politico della vicenda.
Tralascio molto, forse tutto, per concentrarmi su un elemento che, per la prima volta, è
stato piegato bene. La Corte di Giustizia Europea ha chiarito, dopo 25 anni, che
l’applicazione italica del regime è stata tutta sbagliata e quindi da rifare. Il prelievo
nazionale per la produzione di latte eccedente deve essere fatto pagare a tutti quelli che
hanno superato la loro quota. Senza eccezioni, esenzioni, priorità, privilegi. Uguale per
tutti in proporzione alla propria eccedenza.


In Italia, regnante la vecchia DC, per 10 anni (1983-1994) si sono caricati a bilancio pubblico i
prelievi trattenuti dalla UE. Nel 1994 si è provveduto, dopo aver pagato altri 3.300 miliardi
di lire, ad applicare il regime quota latte.

Governo Berlusconi 1, ministro Adriana Poli Bortone (casualmente Alleanza Nazionale?) viene fatto un decreto d’urgenza, in quanto tale farina del sacco governativo e non parlamentare, che viene convertito nel 1995.
La Lega Nord in Parlamento si oppone ma alla fine deve subire limitandosi ad una pura
astensione. Motivo della controversia la constatazione che a forza di esentare il sud, le
isole, le zone svantaggiate e la montagna, i produttori storici e quant’altro avesse un
santo protettore, il prelievo di tutti si sarebbe scaricato sui pochi allevatori della Pianura
Padana. Giovani che avevano le miglior aziende produttive.
Stavamo solo e semplicemente difendendo le ragioni del Nord. Eravamo lì per quello,
allora!


Ci sono voluti quasi 30 anni, la forza e la caparbietà di tanta gente che ha comunque
continuato a mungere e a opporsi nei tribunali. Soprattutto gente che ha fatturato quel
latte pagandoci anche iva e tasse. Perché la ricetta suggerita e avvallata dietro le quinte
della burocrazia era quella di nascondere la produzione con i mille sistemi che l’italica
furbizia ancora oggi utilizza per nascondersi alle … tasse & c. Lo hanno certificato
pubbliche relazioni governative, della GdF e dei Carabinieri.


E’ stata la prima vera, forte, protesta, durata ormai quasi 30 anni, che una base sociale ha
messo in atto nella sempre più totale indifferenza di una classe politica. Parte della quale
peraltro votata per difenderla.


E’ finito il partito del Nord ma ancora non è finita una battaglia che quel partito aveva
all’inizio capito, incitato, anche in parte sostenuto.
La soluzione? Non c’è. Quella possibile ha bisogno di coraggio politico che è merce
sempre più rara.


Il debole resta sempre il singolo allevatore, anello finale della catena. E nemmeno le
Regioni del NORD che, pur nascondendosi dietro un dito, nella vicenda hanno giocato e
giocano un ruolo primario, fanno qualcosa per interrompere un circolo vizioso che
diventa sempre più kafkiano.

Mi fermo qui ma ci sarebbe da chiedere: le cartelle esattoriali, che vengono mandate ai produttori senza che ci sia più un fondamento giuridico, sono a bilancio delle regioni e dell’Agea? E se venissero stralciate salterebbe il banco?

Redazione

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