di Luigi Basso – Negli ultimi anni molti commentatori e analisti e politici sono stati occupati (sarebbe meglio dire ipnotizzati) nell’inseguire le innumerevoli dispute nate all’interno del centrodestra.In principio fu Berlusconi contro Salvini, poi fu la volta dell’antagonismo Salvini Meloni, oggi assistiamo alle baruffe tra il Capitone e la mosca cocchiera Toti.Nel mezzo non sono mancate le liti tutte interne tra Salvini e Giorgetti, tra Salvini e Zaia, contornate da altre mini baruffe interne ruotanti attorno al tema del ritorno alle origini nordiste del partito che fu fondato da Bossi (ogni riferimento a Maroni e accoliti è puramente voluto).
Al di là di tutte le considerazioni, l’unico dato oggettivo che contraddistingue queste liti è un minimo comune denominatore: si tratta di una dialettica, chiamiamola così per nobilitarne il contenuto spesso invero avvilente, sterile e improduttiva di qualunque svolta nel centrodestra, inchiodato alle proposte (e alle persone) degli ultimi 20 anni.
Tuttavia tali dispute, guarda caso, non impediscono ai protagonisti di trovare rapidi e duraturi accordi quando si tratta di spartire poltrone, seggi, cadreghe. Ecco, vien da dire che costoro assomigliano ai ladri di Pisa del noto proverbio, che litigano di giorno alla luce del sole per poter meglio rubare la notte. A pensar male si fa peccato, ma spesso si indovina.
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