di Luigi Basso – Durante la seconda guerra mondiale molte isole dell’Oceano Pacifico abitate da indigeni erano utilizzate come basi aeree dagli americani e venivano costantemente rifornite di cibo, medicinali, indumenti ed attrezzi vari, tramite la spola di navi o aerei.
Terminato il conflitto, e con esso i rifornimenti, gli indigeni pensarono di far riprendere l’arrivo di navi e aerei carichi di generi di conforto semplicemente ripetendo i gesti dei militari, sventolando bandierine, indossando cuffie da marconisti ricavate dalle noci di cocco, facendo finta di parlare alla radio.
Il culto del cargo finì, quando gli isolani si resero conto di aver confuso la causa con l’effetto e che non erano state le azioni dei militari americani della base a produrre l’arrivo dei viveri.
Ecco, quanto accade oggi in alcuni ambiti del mondo autonomista e federalista ricorda molto gli indigeni dediti al “culto del cargo”. Da decenni assistiamo al credo che per mettere in piedi qualcosa basti un notaio, un nome, un simbolo e immaginare che fuori ci sia uno stuolo di nuovi tesserati delusi dal tradimento di qualcuno.
Magari fosse così, ma così non è. Anche se citi Miglio, e rilanci una questione settentrionale, il federalismo… non ci sono più parole magiche, e quelle parole evocano un momento storico che non torna più.
Il rischio, senza un realismo portatore di cultura politica, di volti credibili, di visione a lungo periodo, di piccoli passi municipali, di coordinamenti territoriali, è di finire come gli indigeni del Pacifico: imitare e basta le gesta bossiane e ricopiare il passato, non produce consenso e non porta da nessuna parte. E’ un errore da non compiere. Il reducismo è la fine di tutto. C’è gente ferma alle reivocazioni storiche, ai costumi, ancora intenta a denunciare il furto delle annessioni ottocentesche. Va bene, è storia. Il mondo è andato avanti da qualche anno.
Il successo elettorale della Lega Nord è dovuto storicamente a ben altro, all’aver interpretato e dato sostanza e forma fisica agli “interessi diffusi” della maggior parte della popolazione nelle Regioni del Nord Italia che vedeva la sua esistenza stessa messa in crisi dalla globalizzazione appena iniziata.
L’interesse diffuso allora coincideva con quello del ceto medio, composto da milioni di artigiani, lavoratori autonomi, operai, impiegati, commercianti, che avevano compreso perfettamente che la globalizzazione avrebbe portato inesorabilmente alla loro estinzione, alla povertà, alla distruzione del tessuto sociale ed alla sottrazione delle conquiste ottenute dalle generazioni precedenti.
La Lega si propose di rappresentare quel ceto medio e di difenderlo (il tentativo, come sappiamo, è miseramente fallito, ma questa è un’altra storia).
Oggi quel ceto medio non esiste più: è stato disintegrato dalla globalizzazione.
Cercare di dargli lo stretto perimetro di una rappresentanza è un’impresa, sarebbe come parlare a nome di un fantasma, di qualcuno che non esiste più da anni.
Gli “interessi diffusi” oggi sono quelli di un nuovo ceto, quello che Hollande, l’ex presidente francese, anni fa ha ribattezzato con disprezzo “i senza denti”: lavoratori precari affittati ad ore come se fossero animali; giovani destinati a vita ad alternare lavoretti con la naspi; partite iva proletarizzate; lavoratori in nero destinati perennemente a figurare al “primo giorno” di assunzione in caso di infortunio o morte sul lavoro; muratori col contratto da colf, giardinieri col contratto da bagnini; percettori di sussidi da fame, codisti permanenti alla Caritas; uomini e donne senza lavoro e senza pensione.
Oggi nessuna forza politica né sindacale fornisce rappresentanza agli interessi di questo nuovo ceto, lasciando una prateria politica enorme a chi volesse davvero fare Politica. Chi la Politica però l’ha imparata negli anni d’oro… metta a frutto il tesoretto di competenze e di analisi e faccia quel che deve.
Cosa chiedono i “senza denti”?
Semplice, più Stato (che non vuol dire più assistenzialismo).
Meglio detta: che lo Stato faccia anche l’imprenditore dove serve, come accade in tutto il Mondo (tranne che in Occidente). Il libero mercato non è stato la via maestra. Anzi. Svendere, liberalizzare tutto, in nome dell’effecienza, è stato troppo ideologico.
E nei “senza denti” grosso modo c’è lo stesso ceto al quale negli Stati Uniti né Repubblicani né Democratici davano rappresentanza ed al quale Trump – pur non provenendo paradossalmente da quel mondo, tutt’altro – ha dato voce e sostanza politica.
Il nuovo soggetto politico egemone sarà quello che saprà farsi dare la fiducia da questi cittadini, poiché il loro interesse è l’interesse diffuso. Il Nord sia capofila. Tanti cambiamenti sono partiti da qui.