di Stefania Piazzo – Da qualunque parte la si voglia prendere, è un’intervista che farà discutere, a meno che il primario dell’Unità operativa malattie infettive dell’ospedale Papa Giovanni di Bergamo, Marco Rizzi, smentisca le sue dichiarazioni fatte al quotidiano di destra Il primato nazionale. Provando a leggere i dati senza la lente della politica, per una volta, rileggiamo le sue affermazioni, senza commentarle, le prendiamo per quel che dice e di cui si assume la responsabilità rispetto a comunità scientifica e cittadini. Premettendo che le misure di prevenzione sono necessarie e indispensabili e che non è tollerabile ed è delittuoso pensare di uscire dalla pandemia senza il rispetto del prossimo. Solo una digressione e una domanda: a quando l’accesso agli atti ai bandi del commissario straordinario? Miliardi pubblici, giusto per ricordare… tra mascherine, banchi a rotelle (consegnati tutti?) e altre necessarie attrezzature.
Il dottor Rizzi afferma, testualmente: “Non siamo più dentro la seconda ondata”, e poi: “Non ci troviamo nella quiete di agosto, durante questo settembre qualche nuovo caso si è verificato, a Bergamo abbiamo un paziente in terapia intensiva e un altro in sub intensiva, ma non c’è nulla di drammatico», assicura. «Bisogna considerare che si stanno facendo tantissimi tamponi rispetto al passato, quindi bisogna non tanto guardare il numero di positivi, ma la percentuale”.
“E bisogna prendere in considerazione la carica virale… Nel Milanese c’è più sofferenza anche perché hanno centralizzato i ricoveri per malattie infettive, ma le terapie intensive non mi risulta abbiano difficoltà”. Questa al proposito la tabella pubblicata oggi sul Corriere della Sera.
Bene. Rizzi però sembra un fiume in piena. Altro che Zangrillo. E dicendo parole che non sono sulla stessa lunghezza d’onda di Galli o Crisanti o Pregliasco, afferma ancora al quotidiano: “Davamo per scontato, lo sapevamo bene, che con l’autunno ci sarebbe stato un aumento di positivi e anche di ammalati. Per forza: ricominciano le scuole, si torna sui pullman, sui treni, si sta di più al chiuso, riprendono i rapporti di lavoro… però direi che le cose, rispetto alle previsioni, stanno andando per il meglio, cioè con numeri contenuti”.
Che non sono i numeri però forniti oggi ad esempio dalla Fondazione Gimbe:
In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:
Fin qui i dati rilevati in tutta Italia. Mentre il primario conclude: “La popolazione è stata molto esposta al virus, il numero di quelli che hanno sviluppato un fattore protettivo è alto, in certi paesi supera il cinquanta per cento. Questo significa che il virus su una bella fetta di popolazione non ha più potere“. Come vorremmo fosse così. Ma cosa dice l’evidenza scientifica più allargata?
E poi, dopo la lettura di queste dichiarazioni ci si chiede: davvero siamo sulla soglia del disastro o la comunità scientifica è divisa e guarda da altre prospettive la seconda ondata, al punto addirittura da escluderla?
Il direttore generale del Welfare in Lombardia, Marco Trivelli ieri affermava che “Il 92 per cento dei positivi ha pochi sintomi o addirittura nessuno. Per più della metà si tratta di persone sotto i 50 anni; 297 sono minorenni”. Cioè il 92% è quasi del tutto asintomatico. Ma questo non è sufficiente per stare tranquilli ed evitare contagi che portano alla morte di chi viene in contatto col virus.
Ancora una volta, resta l’evidenza del Covid, le conseguenze sull’impatto sociale ed economico, una sanità incapace di testare e tracciare, e un governo che sforna provvedimenti senza un confronto in Parlamento. Un Paese diviso, nella politica, nella scienza.
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