di Luigi Basso – Pochi giorni fa il Consiglio d’Europa ha approvato la risoluzione 2361 con la quale ha messo sacrosanti e doverosi paletti alle istituzioni europee sul tema del cosiddetto passaporto vaccinale: niente obbligatorietà, niente penalizzazioni per chi non si vaccina e così via.
A stretto giro la Commissione Europea è andata in tilt.
Il presidente Ursula von der Leyen ha detto che la Commissione Europea proporrà entro pochi giorni il passaporto digitale attestante l’avvenuta vaccinazione del soggetto: ciò allo scopo di consentire l’esercizio di diritti fondamentali della persona al possessore di tale documento.
Naturalmente, poichè l’UE non è uno Stato Federale ma un’organizzazione internazionale tra Stati, la Commissione Europea, al lato pratico, è solo una pomposa e costosa assise che elabora proposte: dunque, gli stati membri decideranno se portare avanti il programma.
Molti Paesi stanno spingendo con forza per i cosiddetti passaporti vaccinali, anche se questa misura è palesemente priva di ogni elementare base giuridica: i vaccini mRna non hanno precedenti nella storia umana, non si conoscono gli effetti a lungo termine, non si conosce il livello di efficacia e così via; in ogni caso, i diritti fondamentali delle persone sono incoercibili dinanzi a trattamenti sanitari di incerta efficacia e dubbia nocività.
Sembra che la Germania e la Francia, dove evidentemente sono rimasti ancora alcuni giuristi, abbiano espresso dubbi sul collegamento del diritto di viaggiare a tali abbonamenti o sul fatto di renderli un prerequisito per le visite al ristorante e al cinema.
Il progetto dovrebbe basarsi su un “pass verde” universale a prova di falsificazione sotto forma di un codice QR che potrebbe essere trasportato su carta o su uno smartphone.
In attesa che Consiglio e Commissione si parlino, i governi degli Stati Membri dormono sonni beati.
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