di Cuore Verde – Il piano denominato “ReArm Europe”, approvato dal parlamento europeo con la Proposta di risoluzione comune sul libro bianco sul futuro della difesa europea si innesta in un contesto geopolitico complesso, dove la Russia è percepita come una minaccia incombente. Una risoluzione, che presupponendo le crescenti minacce militari nei confronti dell’Unione Europea, invita anche gli Stati membri e gli alleati della NATO a facilitare l’uso di armi fornite all’Ucraina.
Questa narrativa, confermata anche dalla contestuale approvazione della Proposta di risoluzione comune sul mantenimento del fermo sostegno dell’UE all’Ucraina dopo tre anni di guerra di aggressione della Russia, sembra contraddire l’approccio strategico adottato negli ultimi anni, focalizzato unicamente sulla fornitura di armi e sul sostegno militare e finanziario, basato sulla supposta capacità dell’Ucraina di contrastare, da sola, l’aggressione russa, sollevando interrogativi sulla necessità di un riarmo europeo e sulla sua efficacia nel prevenire conflitti futuri.
L’urgenza di un riarmo, apparentemente in conseguenza della possibilità di una rapida conclusione della guerra in Ucraina, solleva molti interrogativi su come le previsioni degli esperti possano essere influenzate da dinamiche politiche, come la forte volontà di Trump di spingere per un accordo di pace. Mi domando se gli esperti che ora prevedono una possibile aggressione militare russa nei confronti dell’Europa siano gli stessi che hanno giustificato l’invio di armi per tre anni, escludendo ogni soluzione diplomatica, con previsioni ottimistiche di una “vittoria finale” dell’Ucraina, ovvero, della totale sconfitta militare della Russia, dimostrando una notevole incoerenza nelle loro analisi e amplificando le incertezze sulla strategia europea di difesa.
La sensazione che il riarmo europeo possa essere in parte motivato anche dalla necessità di risollevare settori in crisi, come l’industria automobilistica tedesca, suggerisce una dimensione economica oltre a quella puramente strategica. La prospettiva di una riconversione verso un’economia di guerra, accompagnata da un piano di indebitamento di 850 miliardi, solleva preoccupazioni significative per i possibili effetti negativi su sistemi come quello pensionistico e sanitario e anche su quello del risparmio privato se si dovesse arrivare a provvedimenti “dirigistici” del suo impiego. Solleva preoccupazioni anche il progetto “domestico” di grande riarmo che la Germania si appresta a varare in deroga alle rigorose regole di bilancio che per anni sono state il perno della politica economica e finanziaria europea.
Uno scenario che potrebbe influenzare non solo l’assetto militare nei confronti della Russia ma anche i rapporti presenti e futuri tra gli stati dell’Unione Europea e che appariva già delineato nel programma elettorale di Ursula Von der Leyen per le ultime elezioni europee: “potenziare (letteralmente, “turbo-ricaricare”) la nostra capacità industriale militare nei prossimi cinque anni”.
Il nome “ReArm Europe” del piano approvato a qualcuno appare troppo esplicito. I cittadini, una volta tanto, potrebbero capire che cosa si sta decidendo sulle loro teste. In effetti, per semplice associazione di idee, non è poi così difficile comprendere che cosa può succedere quando un missile centra in pieno la tua casa e l’esplosione rade al suolo il quartiere dove abiti.
Siamo indubbiamente in una fase cruciale che potrebbe definire il futuro dei popoli europei per lungo tempo, con decisioni che si muovono tra ambiguità e urgenza. In questi momenti di tensione ed incertezza, il valore di un SI o di un NO assume un aspetto realmente decisivo mentre l’ambiguità rende difficile discernere tra scelte chiare e situazioni complesse.
In questo senso, il voto sulla risoluzione del piano “ReArm Europe” ha visto una divisione netta tra i partiti politici italiani al Parlamento europeo, con Fratelli d’Italia e Forza Italia che hanno sostenuto la proposta, mentre la Lega, il Movimento 5 Stelle, Sinistra Italiana e Europa Verde si sono opposti. Il Partito Democratico ha mostrato una spaccatura interna: dieci parlamentari hanno votato a favore, mentre undici si sono astenuti, con alcune confuse dinamiche di voto. Una confusione tra posizioni favorevoli e contrarie al “ReArm Europe” che si è riscontrata anche nella manifestazione promossa da Michele Serra svoltasi a Roma.
Le proposte approvate dal parlamento europeo, piuttosto che guidare verso un esito di pacificazione, sembrano perpetuare una logica di predominanza militare, ostacolando le possibilità di tregua e di negoziato, e suggerendo che, nonostante le frenetiche discussioni, la preferenza per la soluzione bellica rimanga preponderante nella gestione della crisi ucraina. Una logica che, appunto, diventa il presupposto per l’urgente riarmo dell’Europa.
Le posizioni di dissenso nei confronti del “ReArm Europe” di politici come Matteo Salvini, Giuseppe Conte ed Elly Schlein sono certamente cruciali per stimolare un dibattito pubblico informato sulle politiche di riarmo e sulle loro implicazioni. Anche se potrebbero non cambiare immediatamente il panorama politico, le loro critiche possono sensibilizzare i cittadini sulle questioni di sicurezza, spesa militare e le conseguenze per la diplomazia internazionale.
In particolare, Matteo Salvini sui social ha cosi commentato la notizia che riferiva che la Rheinmetal sta valutando di riconvertire alcuni impianti della Volkswagen per produrre carri armati: “Dopo aver mandato a gambe all’aria il settore auto tedesco con le eco-follie del Green Deal, ora vogliono riconvertire l’industria per produrre armi? Più chiaro di così… Qualcuno a Bruxelles forse pensa di usare soldi dei contribuenti italiani – con la scusa del ReArm Europe – per finanziare carri armati stranieri? No, grazie”.
La critica sul piano di riarmo di Matteo Salvini è significativa perché proviene dal leader di un partito della coalizione di governo, e sottolinea, da una influente posizione politica, l’assenza di un progetto chiaro sollevando interrogativi riguardo all’indebitamento dell’Italia per l’acquisto di armi, specialmente in un contesto di contenimento degli investimenti in settori cruciali come sanità e istruzione.
Per me è significativo notare come, nonostante le mie dichiarate riserve sulla direzione della Lega, se non addirittura una aperta e netta contrarietà nei confronti della svolta “nazionale” e di tutte le scelte politiche conseguenti, l’opposizione di Matteo Salvini al piano “ReArm Eu” risuoni con preoccupazioni più ampie riguardanti le conseguenze economiche e sociali della spesa militare. Questa posizione, assunta da un leader di governo, evidenzia un potenziale terreno comune tra forze politiche e cittadini con opinioni diverse, suggerendo che in momenti di crisi si possono superare le divergenze ideologiche per focalizzarsi su questioni fondamentali come il futuro esistenziale delle comunità. Se la Lega riuscisse a distaccarsi dalle tradizionali dinamiche di governo, non riducendo tutto a una questione semantica, e a sintonizzarsi con le preoccupazioni dei cittadini, potrebbe tornare ad emergere come una voce autonoma e rappresentativa.
In questa fase di dissenso, sostenuta da sondaggi che mostrano l’opposizione della maggioranza dei cittadini al piano di riarmo, i presidenti di regione dovrebbero poi attivarsi, anche attraverso mobilitazioni pubbliche, per rappresentare le preoccupazioni delle proprie comunità. È opportuno sottolineare che la legge sull’autonomia differenziata, unico aspetto veramente significativo, prevede tra le materie da devolvere alle regioni anche le relazioni internazionali e il commercio estero. Pertanto, un approccio alle questioni di carattere geopolitico dovrebbe essere già un’opzione da considerare da parte dei presidenti di regione, i quali, secondo me, non possono più comunque esimersi dal dovere di considerare attentamente come le scelte di politica estera e di riarmo impattino sui loro territori e sulle esigenze dei cittadini che rappresentano. .
Nella esaltazione delle virtù militari, ora richiamate perfino da insospettabili intellettuali della sinistra, che riscoprono addirittura lo “spirito guerriero”, si fa spesso riferimento a suggestive figure “totemiche” motivazionali di potenza quali aquile, leoni, tigri, lupi e simili. In realtà, se per le spese militari si dovesse ridurre drasticamente la spesa pubblica sociale, la vera “difesa” del cittadino, ci potremmo ritrovare, come il piccolo passero eroico di Turghenev, a difendere ciò che amiamo senza alcun aiuto esterno, soli, abbandonati e costretti a lottare con la sola forza della disperazione.