Categorie: Opinioni

Come non dare ragione a Di Pietro. Occorre “prendersela con l’elettore, non con l’eletto”

di Stefania Piazzo – Prima ancora che esplodesse Tangentopoli e nascesse il pool di Mani pulite, di Antonio Di Pietro in famiglia se ne parlava, e parecchio. Papà stava seguendo un corso di aggiornamento e formazione per ispettori di Polizia, e Di Pietro era il docente che faceva lezione sul nuovo (allora) codice di procedura penale. Dal punto di vista tecnico e delle procedure, i corsisti, papà compreso, erano entusiasti, perché Tonino era “uno dei nostri”. Il pm arrivava dalla Polizia, era pragmatico e traduceva le norme in operatività andando al sodo. Qualche anno più tardi, Di Pietro divenne l’ingranaggio di una macchina più grande di lui.

Oggi, senza andare troppo a ritroso, su Mani pulite si possono scrivere enciclopedie sui suoi meriti e demeriti, sull’azione di una magistratura che esercitò quasi un “potere sostitutivo” al posto dei partiti, nel cambiamento del Paese. Che non ci fu. Gli elettori oggi come allora migrano da un polo all’altro, da una pagina social, da un tik tok all’altro, da un leader all’altro come si migra verso un supermercato solo per le offerte.

Di Pietro, 30 anni dopo, fa una affermazione di una certa rilevanza, che non si può che condividere. In una intervista al Corriere della Sera fa questo passaggio, mettendo a raffronto i partiti degli anni ’90 rispetto a quelli odierni. Leggiamolo.

«Ora l’obiettivo è la cadrega, la poltrona. Non c’è nemmeno un progetto politico o un’ideologia a monte. Il finanziamento dei partiti c’è sempre, ma avviene attraverso forme che sono state legalizzate legittimando ciò che era una volta illegittimo. Diciamo che ormai è più il sagrestano che si frega la questua che il vescovo che si vende la Chiesa. Sul piano etico e morale, oggi come oggi io ce l’ho più con l’elettore che con l’eletto».

Il voto ha perso valore, lo si “svende per 50 euro”… L’elettore “con il suo voto vende un diritto costituzionale per un piatto di lenticchie. La magistratura fa bene ad investigare sul perché e sul come si conquista il consenso elettorale attraverso promesse illecite, ma è umiliante assistere”… ecc.

Ma il voto di scambio è sempre esistito. Il punto è un altro, e cioè che il voto non si può dare al primo che passa. “Il consenso elettorale in una sana democrazia è la cosa più importante di tutte”. Ma l’elettore invece che fa? Come arriva al potere l’eletto? “Si viene votati (e scelti, ndr) per quel che si promette di fare e per la credibilità che si ha, non per ciò che poi sei in grado di fare illecitamente per una persona».

Ecco, qui dobbiamo tirare le orecchie a Di Pietro. Perché non si vota solo per qualcosa in cambio, ma anche e soprattutto per parametri che non sono le capacità, la competenza bensì l’uso spregiudicato della persuasione mediatica, per le promesse irrealizzabili populiste, per candidati che sono in campo coi tamburi e le trombe contro gli avversari, e l’elettore tifa per chi picchia più duro.

Si votano fazioni, non rappresentanti che calzano a pennello per sapere come si fa a risolvere le questioni, o meglio, ragionare sul da farsi.

Quanto al cambio di casacca, l’ex pm afferma che “se una persona viene eletta in base ad un determinato progetto ed in un una determinata lista, nel momento in cui non si ritrova più nella realtà politica in cui era stata eletta, dovrebbe decadere automaticamente”.

Ma come?! Di Pietro, facciamo decadere prima gli incapaci. Se un leghista, ad esempio, eletto coi voti del centrodestra, si trova il segretario di partito alleato di governo con chi non ha corso per lo stesso programma, non ha forse titolo per sentirsi lui, semmai, parte lesa, dentro il minestrone dell’uno vale uno? Per fortuna la Costituzione tutela il parlamentare, non il partito! E’ proprio dal principio di disuguaglianza che si dovrebbe ripartire. La Costituzione sancisce che le pari opportunità sono un diritto, un obiettivo perché tutti non siamo uguali. Come si fa a restare nello stesso partito che svende la nobile causa del federalismo, dell’Europa, per gridare la follia del no euro, dell’uno vale uno?

Lo ammette lo stesso ex pm, alla fine, per evitare che si resti prigionieri del voto a casaccio o del non voto, e quindi di una responsabilità diretta enorme dell’elettore. “Sono mancate la prevenzione e l’educazione. Forse è il caso che tutti facciano autocritica, politica, magistratura ed informazione”. E’ già qualcosa. Studiare è la base del voto. Come di tutto il resto.


Lei ora fa il contadino. Dalla sua vigna in Molise, dopo 32 anni e di fronte ad inchieste che si ripetono sempre uguali, non pensa che Mani pulite non sia servita a nulla? Non è deluso?
«Se c’è un malato, che è l’Italia, che ha un tumore gravissimo, che si chiama Tangentopoli, i chirurghi, ovvero i pm, non devono curare il paziente perché sanno che continuerà a fumare e a fregarsene della sua salute o lo devono curare lo stesso? La colpa è di noi che abbiamo cercato di togliere un tumore o di chi non è cambiato? ».

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Stefania Piazzo

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