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MODELLO LOMBARDIA – Reuters svela: Coronavirus, Regione non paga il super lavoro agli infermieri domiciliari

di Benedetta Baiocchi – Alla fonte della notizia, come sempre. In un servizio sull’emergenza lombarda, ma non è la prima volta che l’agenzia Reuters realizza un focus sul Nord, svela fatti choccanti, e cioè Regione Lombardia non avrebbe retribuito il lavoro in più degli infermieri che hanno svolto attività Covid a domicilio. Il surplus non era a budget. E’ uno scherzo? Come dire: l’emergenza non prevede un extra.

Questa è la storia. “… quegli infermieri domiciliari che giorno e notte, per settimane, sono andati dagli ammalati lasciati a casa a garantire le cure via flebo e l’ossigenoterapia, – si legge nel servizio – hanno scoperto oggi che il superlavoro da loro sostenuto a causa della pandemia è, da un punto di vista contabile, uno sforamento del budget, per il quale la Regione Lombardia non prevede retribuzione“.

L’apertura dell’inchiesta sul modello lombardo

Quando ho ricevuto il messaggio di posta elettronica dall’azienda territoriale sanitaria (ATS) di Bergamo mi è venuto da piangere”, dice Maura Zucchelli, una delle socie di Itineris, a Ponte Nossa, 19 operatori sanitari per assistenza domiciliare in Val Seriana e a Bergamo, la zona più martoriata nella regione più colpita dal Covid.

“In sostanza ci dicono: signori, nel primo trimestre avete sforato, e quindi non vi paghiamo – racconta – Ma è ovvio che abbiamo sforato il budget fissato. C’è stata l’epidemia di Covid, come si poteva prevedere? Ci siamo tirati su le maniche e abbiamo fatto il doppio dei pazienti”.

Il giornalista, Emilio Parodi, ricostruisce allora minuziosamente il meccanismo. Eccolo.

Da anni la Regione Lombardia ha esternalizzato i servizi di assistenza domiciliare a società e cooperative accreditate, detti enti gestori. Questi enti erogano le prestazioni per conto della Regione che poi li retribuisce in base a un budget stabilito annualmente per ogni gestore”.

E cosa si viene a scoprire? Che se fino al 6% in più l’assistenza viene coperta per il 40% dalla Regione. Quello che sfora il 6% ciccia.

E racconta ancora l’infermiera: “Secondo i nostri calcoli, solo ad aprile siamo già oltre il 21% di sforamento”.

Ora sedetevi e leggete le repliche istituzionali.

L’ATS Bergamo, contattata da Reuters, in una nota ribadisce i limiti delle “regressioni tariffarie” in base alla percentuale della iperproduzione, e precisa che il budget del primo trimestre non è riconducibile all’emergenza Covid che la Regione “ha normato” dal 23 marzo. Per il trimestre successivo (cioè aprile-maggio-giugno) la Regione Lombardia deve ancora definire “la modalità di rendicontazione e la relativa tariffa”.

Ah ecco. Quindi “ATS Bergamo – conclude la nota – ha seguito le regole impartite da Regione per l’attività ordinaria”.

Note, budget, regressioni tariffarie, costi non riconducibili all’emergenza Covid? E a cosa, allora?

E la Regione Lombardia? Interpellata da Reuters, non ha risposto. La Prefettura chiamata dall’Agenzia, ha fatto sapere di aver iniziato un confronto con la Regione “per vedere che problemi ci sono”. No, tranquilli, è tutto nella norma del modello Lombardia.

Il servizio integrale qui:

https://it.reuters.com/article/topNews/idITKBN22X16J

Stefania Piazzo

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