Categorie: Economia

Pensioni, la rivoluzione Draghi: via a 64 anni con 20 anni e penalizzazione fino al 9%

 Il dibattito sulle PENSIONI entra nel vivo. Il governo ha presentato una proposta che prevede un taglio del 3% dell’assegno per chi esce a 64 anni con almeno vent’anni di contributi. Si tratta di un’idea che supera quella del ricalcolo contributivo in caso di uscita anticipata rispetto alla soglia di 67 anni prevista dalla Legge Fornero. Questa soluzione avrebbe comportato una riduzione fino al 30% dell’importo complessivo che ovviamente i sindacati non potrebbero mai accettare. La proposta del governo, su cui adesso si aprirà il confronto al tavolo tecnico, invece limita il taglio al 9% (3% l’anno considerata l’uscita a 64 anni anziché a 67) a condizione che l’assegno finale non sia troppo basso ma superiore all’assegno sociale di un certo numero di volte. Si tratta di una formula già prevista dalla Legge Fornero per i contributivi puri, ovvero coloro che lavorano dal 1996, applicando un multiplo di 2,8 volte. In questi casi si esce a 64 anni solo se l’importo mensile della pensione è di almeno 1.311 euro. 

 Il governo potrebbe abbassare la soglia estendendo la formula a chi si trova nel sistema misto (ovvero retributivo e contributivo). Sarebbe una specie di pensione di garanzia per le persone che non hanno raggiunto un importo pari a 1,5 volte il minimo (per cui dovrebbero lavorare più a lungo). Di fatto l’assegno sociale verrebbe integrato dai contributi maturati per un ammontare di circa mille euro al mese. La soluzione sarebbe digeribile anche in Europa, visto che comporterebbe l’estensione di fatto del contributivo. Nella soluzione del governo sono previste anche tutele ulteriori per i lavoratori disoccupati, gravosi e invalidi. Nessuna disponibilità invece a ragionare sull’anticipo della pensione con 41 anni di contributi indipendentemente dall’età, misura chiesta dai sindacati ma eccessivamente costosa per l’esecutivo.

Repubblica aggiunge che c’è un’ipotesi elaborata dall’economista Michele Raitano guardata con interesse anche nei corridoi di Palazzo Chigi. Prevede l’attualizzazione della componente retributiva dell’assegno. In questa ipotesi la parte retributiva sarebbe decurtata della differenza tra i coefficienti corrispondenti a 64 e 67 anni, l’età di anticipo e quella legale. Al massimo si arriverebbe al 3% all’anno di taglio, 9% in tre anni, limitato però alla parte retributiva: quindi molto più basso e sopportabile sull’intera pensione. Un sacrificio comunque sopportabile per le casse dello stato considerando il peso decrescente che avrà il calcolo retributivo nelle future pensioni Attualmente le regole prevedono che il prossimo anno si vada in pensione con Quota 102: 64 anni di età e 38 di contributi o simili. Dal 2023 torna in campo la legge Fornero. E il suo scalone: in ritiro a 67 anni o con 42 anni e dieci mesi di contributi (o un anno e mezzo per le donne). Quota 102 coinvolge poche migliaia di lavoratori. Le prime uscite saranno a maggio ed agosto, per via delle finestre di legge di tre e sei mesi previste per dipendenti privati che hanno i requisiti. Opzione Donna è stata confermata. Si tratta di una opzione che permette l’uscita anticipata alle lavoratrici che hanno compiuto 58 (dipendenti) o 59 anni (autonome) nel 2021 e possono contare su 35 anni di contributi. Le finestre sono molto lunghe, 12 mesi per le lavoratrici dipendenti e ben 18 mesi per le autonome: le donne, nate entro il 1963 o 1962, lasceranno il lavoro tra la fine di quest’anno e il prossimo. La platea interessata è di 17 mila donne.

A fare il punto sulla trattativa, e a misurare le distanze, sarà ora un prossimo vertice politico tra il ministro del Lavoro, Andrea Orlando ed i leader di Cgil Cisl e Uil, già slittato una volta per fare posto al confronto sulla flessibilità, tessera mancante al puzzle in corso, che però al momento non è stato ancora calendarizzato causa impegni internazionali del governo. Intanto è arrivato il primo calcolo sui risparmi per l’Inps dall’eccesso di mortalità per Covid-19. Nel 2020 la spesa in meno per PENSIONI sarebbe di 1,1 miliardi. Mentre fino al 2029 il risparmio per le morti che hanno colpito prevalentemente gli over 65 sfiorerebbe i 12 miliardi. 

Redazione

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