Categorie: Cultura

Università Torino studia fenomeno no vax con sette paesi europei

Non e’ una ricerca scientifica autoreferenziale. Ha risvolti pratici estremamente importanti: accresce le conoscenze e migliora la vita”. Cosi’ il rettore dell’Universita’ di Torino, Stefano Geuna, in occasione della presentazione del progetto “Vax Trust”, che coinvolge in tutto sette paesi europei: Belgio, Finlandia, Italia, Polonia, Portogallo, Regno Unito e Repubblica Ceca. Si tratta di uno studio triennale, che partira’ dal primo di marzo, e che si compone di interviste orali e di uno studio etnografico, che partira’ dal mese di ottobre, finalizzato a studiare l’interazione tra pediatri e genitori al momento della vaccinazione dei bambini. “Vogliamo affrontare il tema dell’esitazione verso l’assunzione di vaccini per l’infanzia- spiega il professor Mario Cardano, del Dipartimento di Cultura Politica e Societa’ di Torino-. Ci concentreremo verso quelle persone che non hanno una visione fideistica nei confronti della vaccinazione, ma nemmeno una preclusione irremovibile, come chi aderisce alle correnti ‘No Vax'”. Perche’ paesi cosi’ diversi si uniscono in questo obiettivo comune? “Le coperture vaccinali della decade scorsa hanno subito una riduzione progressiva- spiega Roberta Siliquini, docente del Dipartimento di Scienze della Sanita’ Pubblica e Pediatriche-. Molto evidente e pericolosa soprattutto nel biennio 2014/2015, quando i vaccinati contro la poliomielite erano al di sotto del 95% e per il morbillo sotto il 90%. Queste bassissime coperture sono state causa nel 2017 di una epidemia di morbillo. Con alcuni morti”. 

 Indagando sulle cause che hanno portato a una riduzione delle vaccinazioni, la professoressa evidenzia una “ridotta percezione dei rischi legati alle malattie infettive”. E prosegue: “Il Covid ci ha aiutato: ha fatto capire alle persone che le patologie esistono e sono letali”. Non secondario poi il diffondersi di movimenti di opposizione (no vax). “Sembra quasi che in Europa l’efficacia dei vaccini ci abbia allontanati dalla percezione della pericolosita’ delle malattie infettive- prosegue Siliquini-. Uno studio del 2018 su donne incinta rivela che solo il 32% concorda sul fatto che gli studi scientifici non evidenziano connessioni tra autismo e vaccinazione. Il 70% dunque pensa sia vero o ha ancora dei dubbi”. Da notare poi che anche gli operatori sanitari sembrano vaccinarsi con riluttanza. “Da un’indagine condotta tra gli studenti di medicina che non si sono voluti vaccinare si evince che il 48% non se la sentiva, mentre il 13% riteneva di non essere informato a sufficienza”. 

Photo by Ehimetalor Akhere Unuabona

Redazione

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