Categorie: Cronaca

Diamo un nome agli svarioni dei politici – seconda carica dello Stato – sull’unità d’Italia: assenza di epistocrazia

di Stefania Piazzo – Svarione storico. Ovvero, confondere un evento, una data con altro. E’ successo, come ampiamente documentato, scritto, commentato in ogni dove in aula al Senato. Reo di aver incastrato l’unità d’Italia oltre il 1863 è niente meno che il vicepresidente del Senato, ovvero viceseconda carica dello Stato.

Maurizio Gasparri, la viceseconda carica dello Stato, appunto, ha affermato, durante le dichiarazioni di voto sull’Ucraina, che “Senza fare una lezione di storia, non ho questa presunzione come altri, però qualche libro è bene leggerlo, ogni tanto. Il caso più recente è la guerra di Crimea, che nel 1861-63 vide impegnato il Regno di Piemonte, non c’era ancora l’Italia unita, e Cavour mandò i Bersaglieri, che già esistevano, a una guerra per inserire il Regno di Piemonte nel contesto internazionale, per avere l’appoggio per il processo di unificazione italiana che era in corso con le guerre del Risorgimento. Andarono i Bersaglieri in Crimea a combattere guerre tra Russia e la comunità internazionale. Purtroppo questo problema non è nuovo”.

Un errore storico da bocciatura alle scuole medie.

Carlo Calenda, un po’ più attento di altri sui dettagli, non si è lasciato scappare il ghiotto boccone.

“Oggi Gasparri, in risposta al mio intervento, ha voluto mostrare la sua profonda conoscenza della storia moderna, citando la famosa guerra di Crimea del 1861. Il busto di Cavour è caduto dal piedistallo”, ha twittato il leader di Azione a termine lavori. Ma non contento, Gasparri ci ha messo ancora del suo: “Sono lieto di avere costretto Carlo Calenda ad aprire un libro per scoprire cosa fosse stata la guerra di Crimea a cui partecipò il Regno di Sardegna. Ma forse si è limitato a consultare Wikipedia. Lui i libri non sa manco cosa siano”, ha replicato su Twitter il vicepresidente del Senato.

Calenda twittando: “E’ Parlamentare da 20 anni ma non conosce la data dell’Unità d’Italia. Poi ditemi che non abbiamo un problema di istruzione in questo Paese”.

Sarebbe stato il massimo se però Calenda avesse dato un nome a questo vuoto: assenza di epistocrazia. Sdoganiamo, forza, il valore di questo principio. La democrazia dei competenti al potere.

Un suggerimento al leader di Azione-Italia Viva. Batta il ferro finché è caldo e proponga un test culturale ai parlamentari. Così, su base volontaria. Basta partire dai fatti più recenti, magari dalla Costituzione. E poi pubblicare i risultati. Magari si sveglierebbero dal sonno anche gli elettori.

Stefania Piazzo

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